La scoperta è ad opera di scienziati dell’Imperial College di Londra, che ne hanno diffuso i dettagli sulla rivista Nature Immunology. La risposta infiammatoria prodotta dall’organismo non è di per sé sintomo di una patologia in corso, ma può costituire semmai uno dei livelli di protezione che il corpo organizza contro le infezioni o in ogni caso danni ai tessuti. All’interno del sistema immunitario, alcuni tipi di cellule, i macrofagi, sovrintendono ai processi infiammatori e alla loro disattivazione grazie a determinati segnali chimici che modificano l’azione di altre cellule. Lo studio inglese ha messo in luce l’opera di IRF5, un interruttore molecolare che decide la natura del processo da mettere in atto. Sulla base di questa scoperta, i ricercatori inferiscono che il blocco di IRF5 all’interno dei macrofagi potrebbe rappresentare un’alternativa per il trattamento di una serie di patologie autoimmuni come ad esempio il lupus, la sclerosi multipla, la sindrome del colon irritabi
le e l’artrite reumatoide. I ricercatori inglesi hanno analizzato le possibilità di una terapia alternativa a quella anti-TNF contro l’artrite reumatoide. Il TNF è una molecola che serve a stimolare la risposta infiammatoria, ma il 30 per cento dei pazienti non trova tuttavia giovamento da una terapia del genere.
Spiega Irina Udalova, che ha coordinato lo studio in qualità di ricercatrice presso il Kennedy Institute of Rheumatology dell’Imperial College: “le patologie possono influenzare l’espressione genica, attivando e inattivando specifici geni in particolari tipi di cellule. L’aver individuato nella proteina IRF5 il principale interruttore in un insieme fondamentale di cellule immunitarie apre la strada alla progettazione di nuove molecole in grado di interferire con le sue funzioni e alla messa a punto di trattamenti efficaci per un’ampia gamma di condizioni patologiche”.
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