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25/05/2009 06:20:11

Delitto Rostagno: finalmente la verità


Le indagini sull'agguato a Rostagno, assassinato il 26 settembre del 1988 nei pressi della comunità terapeutica Saman dove lavorava, sono state contrassegnate da ipotesi spesso contrastanti, tanto che per due volte i Pm avevano chiesto l'archiviazione dell'inchiesta, respinta dal Gip.

L'indagine  ha pure ricevuto le parole di apprezzamento del presidente Napolitano che al caso era stato invitato ad interessarsi da una petizione firmata da 10 mila cittadini, quando sembrava che le indagini stessero per essere archiviate.

Finora la pista mafiosa si era basata sulle testimonianze di alcuni pentiti tra i quali Vincenzo Sinacori e Antonio Patti. Il primo avrebbe assistito a Castelvetrano a un incontro tra i boss Francesco Messina Denaro e Francesco Messina, entrambi deceduti, i quali avrebbero ordinato l'omicidio ai "trapanesi". Sempre secondo il pentito, dopo l'assassinio Messina Denaro avrebbe confermato la responsabilità degli uomini d'onore di Trapani.

Enzo Brusca aveva poi sostenuto di aver sentito dire a Totò Riina di essere "soddisfatto" per l'eliminazione di Rostagno. Ma per i Pm si trattava di elementi troppo deboli per sostenere l'accusa. Anche l'ipotesi di una "convergenza di interessi" vagliata dagli inquirenti non aveva prodotto alcun risultato. In passato era stata infatti archiviata la cosiddetta "pista interna", che vedeva coinvolti i responsabili della comunità Saman, Francesco Cardella e Chicca Roveri, compagna di Rostagno. Un altro filone d'indagine, portato avanti da una commissione parlamentare, riguardava il presunto traffico d'armi con la Somalia, il cui snodo sarebbe stato proprio a Trapani. Un'inchiesta collegata con quella riguardante gli omicidi della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e dell'operatore Miram Hrovatin.

Era dal 1988 che la Squadra Mobile non si occupava dell'omicidio, presto l'inchiesta era passati ad altre forze dell'ordine e poi ad altri uffici della Questura, senza mai approdare a niente.

A dare un impulso decisivo alle indagini, indirizzandole definitivamente sulla pista mafiosa, sono stati alcuni accertamenti balistici. Tre bossoli e tre cartucce inesplose calibro 12 trovate sul luogo dell'agguato sono stati sottoposti ad analisi comparative con le munizioni utilizzate per altri omicidi avvenuti in provincia di Trapani con le stesse modalità. Dal confronto balistico sono scaturiti ulteriori elementi che hanno permesso l'individuazione di 'impronte da cameramento', identiche per forma e dimensione.

Le indiscrezioni sulle nuove intuizioni e le perizie balistiche erano note già da tempo e circolavano sui giornali da alcuni mesi. Racconta Rino Giacalone, su La Sicilia di ieri: "In carcere, a Biella, dove nel frattempo veniva intercettato, Vito Mazzara, condannato ad un paio di ergastoli, parlando con i familiari si cominciò a mostrarsi nervoso: in cella dove lui riceve i quotidiani locali e aveva letto delle indagini che ripartivano e della perizia balistica. Alla moglie parla genericamente per vedere se lei sa di più, chiede di «quelle cose vecchie dell'ottantasette» e poi aggiunge: «Rimpastano sempre…hai capito? Un discorso di venti anni fa». Mostra preoccupazione e si scaglia contro chi lo indaga ma non solo: «quando devono vestiri u pupu... il magistrato avrebbe voluto chiudere l'inchiesta… e allora dietro l'opinione pubblica… dietro l'opinione pubblica che spingono… che spingono… che spingono… non gliel'hanno fatta chiudere mai… perchè non è che comanda la magistratura… comanda l'opinione pubblica…mi hai capito tu !?... comanda l'opinione… no la magistratura… l'opinione pubblica…». In un'altra occasione quando la figlia gli dice di lavori in corso nel garage, lui d'improvviso ricorda qualcosa. Un vecchio nascondiglio da non far scoprire: lo indica dove si trova, «se ci sono cose… prendi e butta tutto… può essere che non c'è niente… io non me lo ricordo… ma qualsiasi cosa ci dovrebbe essere butta tutto…». I poliziotti arrivarono prima, tolsero un mattone e scoprirono un foro, dentro non c'era nulla, Mazzara ricordava bene".

Quando in carcere ha ricevuto la notifica dell'ordine di arresto da parte di due ispettori della Squadra Mobile, per un attimo è andato su tutte le furie, «questa è una truffa», e di rimando qualcuno gli ha subito ricordato che invece «è una cosa molto seria», e allora lui si è seduto e ha cominciato a leggere senza dire nulla. Come il silenzio opposto nello stesso momento e per la stessa circostanza da Vincenzo Virga detenuto a Parma.
Mauro Rostagno, secondo gli inquirenti, sarebbe stato ucciso per l'attività giornalistica di denuncia che svolgeva presso l'emittente televisiva Rtc.

"Muovendo forti ed esplicite accuse nei confronti di esponenti di Cosa Nostra e richiamando in termini di speciale vigore l'attenzione dell'opinione pubblica - affermano gli inquirenti - Rostagno aveva toccato diversi uomini d'onore e generato un risentimento diffuso nell'ambito del contesto criminale in argomento". Il delitto sarebbe stato ordinato dall'allora capo mandamento di Trapani Vincenzo Virga e affidato al gruppo di fuoco che all'epoca operava in quel territorio "e che certamente - aggiungono gli investigatori - comprendeva Vito Mazzara".

L'agguato scattò la sera del 26 settembre 1988 in contrada Lenzi, davanti l'ingresso della comunità terapeutica per il recupero di tossicodipendenti Saman. Alcune parti del fucile usato dal killer esplosero, costringendo il ricorso a un revolver calibro 38. Gli investigatori evidenziano che è stata accertata l'abitudine di Vito Mazzara ad usare un fucile calibro 12 e portare con sé un revolver come arma di riserva.

Decisivi i testi balistici.
Sono stati alcuni accertamenti balistici a dare un impulso decisivo all'inchiesta. Tre bossoli e tre cartucce inesplose calibro 12 trovate sul luogo dell'agguato sono stati sottoposti ad analisi comparative con i dati balistici relativi ad altri omicidi avvenuti in provincia di Trapani con le stesse modalità: l'impiego di un fucile semiautomatico calibro 12 e di un revolver calibro 38. Lo stesso modus operandi, compreso l'utilizzo di una Fiat Uno da parte dei killer, è stato riscontrato in altri tre casi: il duplice omicidio di Giuseppe Piazza e Rosario Sciacca, avvenuto l'11 giugno 1990 nel comune di Partanna; l'omicidio di Antonino Monteleone, commesso in contrada Marausa (Trapani) il 7 dicembre 1990; l'omicidio dell'agente di custodia Giuseppe Montalto, avvenuto il 23 dicembre 1995 a Palma, altra frazione del capoluogo. Per tutti e tre gli episodi la Corte d'Assise di Palermo ha condannato all'ergastolo il killer Vito Mazzara. Dal confronto balistico sono scaturiti ulteriori elementi che hanno permesso l'individuazione di 'impronte da cameramento', identiche per forma e dimensione, su uno dei tre bossoli repertati in occasione dell'omicidio di Mauro Rostagno.

Le reazioni. «Credo che Falcone, Francesca, Rocco, Vito e Antonio, oggi sarebbero contenti perchè si sono scoperti i mandanti dell'omicidio Rostagno. Questo significa che il sacrificio di chi non c'è più è servito a qualcosa ed è un segno, perchè bisogna continuare a cercare la verità». È la dichiarazione di Don Luigi Ciotti.
«Finalmente si fa chiarezza su un episodio che per troppo tempo ha mostrato troppi aspetti oscuri» ha detto Lillo Speziale, deputato all'Ars e presidente della Commissione antimafia, «attenzione ai fatti che riguardano un territorio particolarmente complesso che rappresenta il “feudo” di Matteo Messina Denaro». E il  senatore del Pd Giuseppe Lumia: «Bisogna scavare e far venir fuori, con tutta la trasparenza possibile, le responsabilità che la politica e le istituzioni hanno condiviso con Cosa nostra nell'eliminazione di una coscienza libera».
L'on. Giulia Adamo, deputato Pdl, esprime «viva soddisfazione per i successi ottenuti dalla Squadra Mobile di Trapani ed il sottosegretario Gianfranco Miccichè: «L'individuazione degli assassini di Mauro Rostagno rappresenta un ulteriore segnale concreto dell'impegno delle istituzioni nella lotta alla mafia».  Dice D'Alì: «Risultato che è frutto del continuo aggiornamento, anche tecnologico della Polizia di Stato e segno del costante impegno del Governo. Mauro Rostagno ha interpretato la coscienza civica dei trapanesi e dei siciliani onesti e piace ricordarlo non per come è morto ma per come ha vissuto».
«Finalmente questo giorno è arrivato. Lo avevamo atteso da gran tempo». Lo scrive in una nota l'associazione Ciao Mauro: «Siamo orgogliosi di avere contribuito a non far chiudere le indagini su questo omicidio e a stimolarle, cancellando decenni di depistaggi, inerzie e cialtronerie varie». «Finalmente i killer di Mauro Rostagno hanno un nome e un volto – dicono i vertici dell'associazione Saman –Per noi oggi è un giorno importante, come lo deve essere per l'intera città di Trapani».
«Così la comunità alza la testa - ha detto Livio Marrocco (Pdl) vice presidente dell'Antimafia regionale», «la mafia - sottolinea l'on. Baldo Gucciardi (Pd) - fa meno paura».
Una lunga lettera è stata scritta dal sindaco di Erice Giacomo Tranchida: «Grazie al Questore, al Capo della Mobile ed ai suoi uomini, a tutto il sistema giudiziario-investigativo, per aver restituito a tutti i trapanesi e non solo, la speranza che gli atti criminali e mafiosi, peraltro così efferati, non possano rimanere impuniti, che la giustizia comunque trionfa».
Altre dichiarazioni sono giunte dall'europarlamentare di Rifondazione Giusto Catania e dal circolo ancora di Rifondazione dedicato a Mauro Rostagno, nonchè dall'esecutivo del Pd valdericino.