Il presidente ricorda che a meta' Ottocento il Regno delle Due Sicilie "era uno dei piu' importanti Stati europei per taglia demografica, organizzazione amministrativa, prestigio delle Universita'", e la Sicilia "poteva vantare una classe dirigente ed un tradizione politico-parlamentare di alto profilo istituzionale. Il crollo del Regno meridionale nel 1860 -osserva Lombardo- resta ancora oggi una questione storiografica aperta, che non puo' essere semplicisticamente elusa con la minoritaria spedizione garibaldina e con le astuzie diplomatiche di Cavour, cosi' come resta da spiegare la durissima svolta centralizzatrice ed autoritaria con cui fino al fascismo furono soffocate le istanze di decentramento e di self-government portate avanti dalle migliori figure e forze politiche della democrazia meridionale". Dunque, per Lombardo guardare ai 150 anni di storia nazionale dal Sud significa anche "valutare positivamente l'enorme contributo di risorse umane che questa parte del paese ha dato allo sviluppo del Nord. Basti pensare alle rimesse di milioni dei nostri emigranti, che hanno pareggiato la bilancia dei pagamenti italiana consentendo l'importazione di materie prime e tecnologie necessarie all'industrializzazione settentrionale, oppure ai cinque milioni di meridionali migrati al Nord nel trentennio 1950-1980, che hanno costituito la forza-lavoro su cui e' cresciuto il "miracolo economico" del secondo dopoguerra".