Così, in un'intervista alla Stampa, il procuratore antimafia Pietro Grasso spiega il senso del suo intervento alla cerimonia per le vittime dei Georgofili e precisa che l'incontro di ieri con Giorgio Napolitano è servito a fornire al Quirinale "chiarimenti" sul significato delle sue affermazioni, sulla "ricostruzione di fatti giudiziariamente accertati" e "sui temi delle indagini in corso". "Di Cosa nostra braccio armato di mandanti occulti - aggiunge - ho parlato persino alla scuola dei carabinieri, a Velletri. Nessuno, tranne Ferrara, ha mai parlato di Berlusconi o di Dell'Utri".
"E' da tempo - afferma - che il mio pensiero viene sballottato a destra e a manca, a seconda delle esigenze di chi ne vuol trarre spunti politici o giornalistici". Grasso sottolinea che l'idea che si è fatto del momento storico del '92 e del '93, risale a "molto prima dello scorso 26 maggio" ed è "rintracciabile in moltissimi interventi pubblici, oltre che in tre libri pubblicati dal 2001 al 2009". Tuttavia, prosegue, le sue parole hanno assunto negli ultimi giorni un significato particolare "per via dell'effetto perverso di un clima politico troppo arroventato e, quindi, portato a usare qualunque cosa contribuisca a tenere alta la temperatura".
Anche la formula dei "mandanti esterni" delle stragi mafiose, precisa, è "consacrata in tutti gli atti giudiziari relativi al nostro '11 Settembre', dall'Addaura, a Capaci, a via D'Amelio, fino alle stragi di Roma, Firenze e Milano e a quella mancata dello stadio Olimpico di Roma del 24 gennaio 1994". "E' una storia - prosegue - che si ferma davanti ad una ipotesi investigativa che non ebbe sviluppi dibattimentali perché i magistrati non sono riusciti a individuare responsabilità individuali".