Gli ottantuno passeggeri a bordo muoiono tutti. Non hanno mai avuto giustizia: non ci sono colpevoli per quella strage, non esiste una verità giudiziaria. E i vertici dell’Aeronautica Militare, imputati per quella strage, sono stati tutti assolti.
A 30 anni dalla strage di Ustica, torna a parlare dei fatti di quella sera, e del ruolo in particolare del radar di Marsala, il giudice Rosario Priore, che ha condotto l’inchiesta. Lo fa nell’intervista rilasciata al giornalista Giovanni Fasanella nel libro “Intrigo internazionale – Le verità che non si sono mai potute dire”.
Secondo Priore, “la strage di Ustica è un caso coperto dall’omertà internazionale”. A far esplodere l’aereo non fu né un cedimento strutturale, né una bomba. L’esplosione del DC – 9 fu provocato da una causa esterna. Ovvero, fu colpito da un missile.
Le tracce radar dimostrano infatti che l’aereo non viaggiava solo. E quella notte, nei cieli del Mediterraneo era in corso una guerra. Chi colpì il DC- 9 dell’Itavia lo fece per errore. L’obiettivo era colpire gli altri aerei che viaggiavano in quel momento sulla scia del DC – 9 per proteggersi dalle intercettazioni dei radar. Il missile fu lanciato da dei caccia che viaggiavano lungo una traiettoria parallela al DC -9. “Ma in sede giudiziaria – aggiunge Priore – non abbiamo mai potuto accertare di che nazionalità fossero”.
Il DC – 9 partì da Bologna. Sorvolò gli Appenini. Arrivò in Toscana e passò sopra il Mar Tirreno. Lì, in prossimità della Toscana, i radar dei centri a terra segnalarono due caccia militari, che però sparirono quasi subito. Non erano i caccia attaccanti, ma erano quelli che dovevano prendere la scia del DC-9 per sfuggire alle intercettazioni radar. Il radar, infatti, non è talmente raffinato da distinguere due oggetti che volano molto vicini e li segna come uno solo. Questo trucco è una tecnica molto usata per occultarsi ai radar.
Proprio il radar di Marsala è uno dei punti cardine per capire cosa è successo. Perché oltre ai due aerei che volano nascosti (“ma questa è un’ipotesi – scrive Priore – perché non ci sono sufficienti elementi di prova”) una cosa è certa: parallelamente al DC – 9 volarono altri due caccia militari. All’improvviso uno virò e si mise frontalmente all’aereo, in posizione di attacco. Poco dopo il DC- 9 esplose.
L’aereo che viaggiava coperto dal DC – 9 scampò all’attacco e si allontanò a tutta velocità . E’ il radar di Marsala a dirlo. Uno degli addetti agli schermi radar della base di Marsala, che aveva seguito tutta la scena, qualche istante prima della strage esclamò: “Questo adesso mette la freccia e sorpassa”.
Ma che aereo era quello che viaggiava nascosto sotto il DC – 9? Secondo Priore probabilmente era un Mig libico, “che si sapeva sarebbe passato da lì, da quel corridoio aereo, che rappresentava un buco nella rete dei radar della Nato”. Questi “buchi” nella rete di protezione erano conosciuti dai libici, che li utilizzavano sia a scopo civile che a scopo militare, anche perché “i libici avevano un rapporto privilegiato con l’Italia”. Gli aerei passavano di nascosto dall’Italia per andare in Jugoslavia a fare riparazioni, o a Venezia, o per portare in missioni segrete personaggi di primo piano. Dichiara Priore: “Secondo una fondata ipotesi, emersa già nel corso della nostra inchiesta e rafforzatasi in seguito, sembra che il bersaglio fosse proprio un aereo in cui viaggiava Gheddafi”. Quella sera Gheddafi doveva viaggiare da Tripoli a Varsavia. Secondo ragionevoli ipotesi l’aereo che viaggiava sotto la pancia del DC – 9 doveva scortare Gheddafi, che si salvò e tornò indietro perché avvertito del pericolo – secondo Priore – probabilmente dai servizi segreti italiani, che avevano un rapporto privilegiato con la Libia. Ma chi voleva uccidere Gheddafi? Secondo l’ex Presidente della Repubblica Cossiga (all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio) la responsabilità è francese. Solo Francia e Usa potevano permettersi un attacco di quel tipo. E la Francia aveva portaerei nel Tirreno e basi in Corsica. Probabilmente l’operazione partì dalla portaerei francese Clemenceau che si trovava a sud della Corsica e aveva la copertura radar della base a terra di Solenzara.
Perché la Francia voleva eliminare Gheddafi? Risponde Priore: “Perché la politica mediterranea e africana di Gheddafi era fortemente destabilizzante e colpiva direttamente interessi francesi; e in secondo luogo perché chi voleva colpire lui, voleva dare anche una lezione all’Italia, per i rapporti privilegiati intrattenuti con Tripoli”.
A proposito durante le indagini si appura che il registro del sito radar di Marsala ha "una pagina strappata" nel giorno della perdita del DC-9. Il pubblico ministero giunge quindi alla conclusione che si sia sottratta la pagina originale del 27 giugno e se ne sia riscritta poi, nel foglio successivo, una diversa versione.
Durante il processo la difesa contesta che la pagina mancante non sarebbe riferita al giorno della tragedia, ma alla notte tra il 25 e il 26 giugno. L'analisi diretta della Corte conclude che la pagina tra il 25 e il 26 sia stata tagliata, come osservato dalla difesa, ma quella che riguarda la sera del 27 giugno è recisa in modo estremamente accurato, così che fosse difficile accorgersene [7]. La numerazione delle pagine non ha invece interruzioni ed è quindi posteriore al taglio.
Interrogato a questo proposito, il sergente in servizio quella sera a Marsala non ha fornito alcuna spiegazione: "Non so cosa dirle".
La difesa ha in seguito riconosciuto che la pagina del 27 giugno era stata effettivamente rimossa dal registro.
Dalla Francia è già arrivata una disponibilità alla collaborazione, con l'auspicio da parte di Daria Bonfietti, presidente dell'associazione dei parenti delle vittime della strage, che Parigi si muova in un solco di chiarezza ei ampia collaborazione.
Le due rogatorie rappresentano l'ultimo passo degli inquirenti su quello rimane uno dei misteri dell'Italia contemporanea. I pm Maria Monteleone ed Erminio Amelio, magistrati che indagano sulla vicenda, hanno sollecitato una serie di risposte per riscontrare elementi testimoniali relativi al traffico aereo militare di quella sera nello spazio aereo attraversato dal velivolo partito da Bologna e diretto a Palermo. E non mancano auspici positivi in procura. Non a caso, oggi la Francia ha fatto sapere che è pronta a "cooperare pienamente" sul disastro aereo di Ustica non appena riceverà una richiesta ufficiale da parte dell'Italia, ha detto a Parigi il portavoce del ministero degli Esteri francese, Bernard Valero.
"Noi - ha affermato Valero - non abbiamo informazioni complementari. Per il momento, ci atteniamo a quella che è stata la fine del processo. Sappiamo tuttavia che la giustizia italiana ha riaperto recentemente un'inchiesta. Non appena le autorità italiane ci invieranno una richiesta ufficiale, una rogatoria internazionale, siamo pronti a cooperare pienamente con l'Italia, come abbiamo già fatto in passato, per fare piena luce su questa vicenda". "Spero - ha detto Daria Bonfetti - che la Francia risponda ai giudici italiani con altrettanta chiarezza e volontà di cooperazione".
Ed ha aggiunto: "Mi sembra una risposta dovuta", ricordando che "le accuse nei confronti della Francia non vengono da me ma dal presidente del Consiglio di allora Cossiga", che qualche anno fa rivelò che il missile che abbatté il Dc9 Itavia era francese". "Speriamo ha concluso Bonfietti - che oggi possa iniziare una collaborazione tra la Francia e la magistratura italiana". A 30 anni dal disastro la cortina di omertà che ha scandito l'accertamento della verità potrebbe, dunque, gradualmente sgretolarsi. Segnali positivi sono già arrivati dalla Nato, la quale, rispondendo ad analoghe rogatorie, qualche dato, per ora non sufficiente a ricostruire la dinamica dei fatti, l'ha fornito. Non altrettanto ha fatto la Libia, secondo quanto si è appreso a piazzale Clodio, che pure è stata interpellata dai magistrati romani.
CIANCIMINO. E della strage di Ustica parla anche Massimo Ciancimino nel suo libro "Don Vito", scritto con Francesco La Licata (i due autori saranno ospiti della redazione di Rmc 101 e di www.marsala.it domani alle 18,00 a Marsala, a Villa Genna). Nel libro il figlio di uno degli uomini più potenti della Dc siciliana racconta le relazioni segrete tra Stato e mafia. Ecco cosa dichiara Ciancimino: "Una sera eravamo a Mondello e stavamo andando a cena al circolo Lauria, verso le 21 e 30. A un certo punto veniamo raggiunti da un signore che si dice latore di un messaggio urgente da parte dell'onorevole Attilio Ruffini, fino a qualche settimana prima Ministro della difesa". Ruffini ha bisogno di un incontro ugentissimo con Ciancimino. E' la sera della strage di Ustica. "In sostanza - continua Ciancimino - mio padre veniva mobilitato per controllare e vigilare affinchè non divenisse pubblica la notizia della reale causa di quella sciagura, e cioè che l'aereo era stato abbattuto nel corso di un' "operazione di guerra" tra servizi segreti stranieri". Insomma, Vito Ciancimino sa in tempo reale del mig libico e dei servizi francesi.