La condanna a sette anni di reclusione nei confronti di Marcello Dell'Utri, per concorso esterno in associazione mafiosa, si presta ad analisi diverse e perfino contraddittorie. Ma su un dato accusa e difesa sono concordi: la condanna della seconda sezione della Corte d'Appello di Palermo potrebbe essere "cancellata" dalla prescrizione. Delle accuse contestate al
senatore del Pdl, sono infatti cadute quelle che lo vedevano come presunto mediatore nella trattativa tra Stato e Cosa nostra nel periodo delle stragi, garante di un "patto" politico-mafioso che avrebbe portato alla nascita di Forza Italia. I giudici del collegio presieduto da Claudio Dall'Acqua (a latere Salvatore Barresi e Sergio La Commare) hanno infatti scavato un solco tra i fatti antecedenti e posteriori al 1992. Tutte le dichiarazioni di pentiti, testimonianze e documenti che parlano dei rapporti tra il senatore Dell'Utri e la mafia dopo l'anno delle stragi palermitane sono stati "cassati" perché "il fatto non sussiste". Archiviate, ma bisognerà vedere in che modo leggendo le motivazioni, le accuse del pentito Gaspare Spatuzza, che aveva sconvolto la routine processuale parlando di un incontro con il boss mafioso Giuseppe Graviano avvenuto nel gennaio del 1994 in un bar di Roma: "Graviano - ha raccontato Spatuzza - era molto felice, disse che avevamo ottenuto tutto e che queste persone non erano come quei 'quattro crasti' dei socialisti. La persona dalla quale avevamo ottenuto tutto era Berlusconi e c'era di mezzo un nostro compaesano, Dell'Utri". Dichiarazioni che la Corte non ha ritenuto convincenti. Assoluzione piena, quindi. Ma solo per le "condotte successive al 1992". Per il resto, i giudici hanno confermato sentenza e impianto accusatorio del primo grado, riducendo solo di due anni la pena che il tribunale aveva calcolato in nove anni, mentre il pg ne aveva chiesti undici. Sulla sentenza incombe tuttavia il "rischio" prescrizione. I calcoli, piuttosto complessi, li faranno gli avvocati di Dell'Utri (Giuseppe Di Peri, Pietro Federico, Nino Mormino, Alessandro Sammarco) ma solo davanti alla Cassazione che potrebbe rimettere tutto in gioco. I fatti contestati al senatore partono dagli anni Settanta e, almeno in parte, potrebbero essere prescritti anche se il collegio giudicante non ha applicato la norma d'ufficio, come invece era avvenuto per Giulio Andreotti. Una decisione travagliata quella della Corte, che ha impegnato i giudici per 117 ore di camera di consiglio, dopo un vortice di polemiche: prima quelle seguite alla mancata audizione di Massimo Ciancimino (anche lui ha parlato della trattativa e del ruolo di Dell'Utri come intermediario) il cui racconto è stato bollato per due volte come "contraddittorio" e di seconda o terza mano, poi quelle scoppiate in seguito ad alcuni articoli di stampa. Per la prima volta nella storia giudiziaria la Corte aveva letto un comunicato in aula per replicare, dicendosi "indifferente alle pressioni mediatiche". Alla fine però i giudici non hanno accontentato nessuno. Deluso il pg Nino Gatto che si dice "stupito". "In pratica - osserva - le cose dette da Spatuzza e l'intero impianto accusatorio che verteva su questo punto non è stato preso nella giusta considerazione. Vedremo le motivazioni". Delusi anche gli avvocati che speravano in un'assoluzione totale, ma che incassano con soddisfazione la "pietra tombale", così la definisce Mormino, "che la Corte ha messo sul ruolo di Dell'Utri nella trattativa". C'é chi parla di una sentenza "cerchiobottista", mentre Dell'Utri, in una conferenza stampa convocata dopo la decisione, preferisce definirla "pilatesca". "Hanno dato un contentino alla procura palermitana - spiega - e una grossa soddisfazione all'imputato, perché hanno escluso tutto ciò che riguarda le ipotesi dal 1992 in poi". Non può mancare un accenno a Vittorio Mangano, lo "stalliere" di Arcore, stavolta paragonato a uno dei fratelli Karamazov, Andrej: "furfante ma eroe", ribadisce ancora una volta il senatore del Pdl suscitando nuovamente un vespaio di polemiche. A questo punto resta la Cassazione. "Credo - dice l'imputato - che almeno un giudice fuori da Palermo si troverà ". Intanto, con l'ironia che lo contraddistingue, Dell'Utri si occuperà , come ha annunciato, di "fare le condoglianze" al procuratore Gatto che però è già pronto a una nuova sfida: "sono sempre possibili nuove indagini", puntualizza sibillino dopo la pronuncia della Corte. Chi di calcio si intende, come il senatore, sa che la partita è ancora aperta.
INGROIA.“Mi sorprende il fatto che Dell’Utri esprima soddisfazione per una condanna a sette anni per un reato gravissimo, mi preoccupa che si parli di una realtà rovesciata”. Sono le parole del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, che ha commentati la sentenza di condanna per Marcello Dell’Utri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. “Considero più che soddisfacente la sentenza -ha aggiunto Ingroia- perché si conferma in pieno l’impianto accusatorio della Procura. Comunque leggerò le motivazioni per capire bene il motivo che ha spinto i giudici della Corte d’Appello ad assolvere Dell’Utri per i reati commessi a partire dal 1992. In realtà il periodo dal ‘92 nella sentenza di primo grado occupava solo il quindici per cento dell’intera sentenza”.
CIANCIMINO."Non saro' mai io l'eroe di Marcello dell'Utri. Io, a differenza di Vittorio Mangano, rispondero' sempre ai magistrati". Lo ha detto all'AdnKronos Massimo Ciancimino, commentando la sentenza di condanna a 7 anni di carcere per il senatore Marcello dell'Utri, assolto invece per i reati commessi dal 1992 in poi. "Il dispositivo di sentenza emesso oggi dai giudici della Corte d'Appello di Palermo -ha aggiunto Ciancimino- ha confermato quanto detto da me ai magistrati sui pregressi
rapporti avuti da Marcello dell'Utri con i vertici di Cosa nostra prima del 1992. Quanto riferito da mio padre e' stato anche conferito ai magistrati attraverso una lunga produzione di documenti riconosciuta di recente come autentica".