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14/09/2010 05:43:54

"Così' i libici ci hanno mitragliato". Il racconto dei pescatori mazaresi. La motovedetta libica era in realtà italiana...

Il capitano Gaspare Marrone va in mare da oltre trent'anni, con la sua barca ha affrontato molte volte la burrasca e ha salvato la vita a decine e decine di migranti che avevano fatto naufragio nel Canale di Sicilia,  tanto da ottenere anche un riconoscimento da parte dell'Onu. Ma i momenti terribili vissuti , insieme con i suoi dieci uomini d'equipaggio, difficilmente potrà dimenticarli.

E c'erano anche alcuni militari italiani sulla motovedetta libica che ha sparato contro il motopesca di Mazara del Vallo. Secondo quanto si apprende l'imbarcazione è una delle sei, appartenenti alla guardia di finanza, che il governo italiano ha consegnato alla Libia (lo scorso anno le prime tre e le altre quest'anno) nell'ambito dell'accordo per contrastare l'immigrazione clandestina.

Tutte e sei le motovedette battono bandiera libica e sono a tutti gli effetti mezzi navali del paese nordafricano. I militari italiani a bordo, sempre secondo quanto è stato possibile ricostruire, sarebbero finanzieri: l'accordo prevede infatti che per un periodo i nostri militari svolgano sulle motovedette la funzione di osservatori e consulenti tecnici.

La sparatoria, avvenuta a largo delle coste libiche, non ha avuto conseguenze sull'equipaggio, che è riuscito ad evitare l'abbordaggio e ad allontanarsi. Il peschereccio ha proseguito la navigazione verso il porto di Lampedusa.

L'Ariete, iscritto al compartimento marittimo di Mazara del Vallo, è un peschereccio d'altura di 32 metri con dieci uomini d'equipaggio, al comando del capitano Gaspare Marrone. Secondo quanto ha riferito quest'ultimo via radio alla guardia cCostiera italiana, l'assalto sarebbe avvenuto a circa 30 miglia dalle coste libiche, al confine con la Tunisia, all'interno del Golfo della Sirte. Una zona che le autorità di Tripoli, nonostante le norme del diritto marittimo internazionale, continuano a considerare di propria esclusiva competenza.

"Al momento in cui è avvenuto il tentativo di abbordaggio eravamo in navigazione e non stavamo pescando. Non avevano alcun diritto di fermarci" ha raccontato il comandante dell' "Ariete" Gaspare Marrone.

Il capitano, che ha già ripreso il mare con i suoi dieci uomini d'equipaggio per proseguire la battuta di pesca nel Canale di Sicilia, ricostruisce i momenti convulsi dell'assalto, avvenuto ieri sera intorno a circa 30 miglia dalle coste libiche: "Ci hanno intimato di fermarci - racconta - ma io, sapendo quello che ci aspettava, ho preferito proseguire spingendo i motori al massimo".

"A questo punto hanno aperto il fuoco, continuando a sparare a intervalli di circa un quarto d'ora venti minuti". Il comandante ha ancora negli occhi il terrore provocato da quei colpi di mitraglia: "È stato un inferno: i proiettili rimbalzavano dal ponte fino alla sala macchine. Il mio rimore era che colpissero qualcuno dell'equipaggio, per questo ci siamo messi tutti a terra".

"Ci hanno inseguito fin quasi dentro le nostre acque territoriali. Solo all'alba, quando eravamo in vista di Lampedusa, ci siamo sentiti in salvo". Marrone conferma infine l'impressione di uno dei suoi marinai circa l'eventualità che la motovedetta sia una di quelle consegnate ai libici dal governo italiano: "Non posso esserne certo - spiega - ma era del tutto simile a quelle utilizzate dalla nostra guardia di finanza e dalla capitaneria di porto".

"Ha ragione il comandante, siamo vivi per miracolo", continuano a ripetere i marinai dell'"Ariete".

"A seguito dell'azione della nostra ambasciata, il comandante della Guardia costiera libica ha espresso le sue scuse alle autorità italiane per l'accaduto". Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ai microfoni del Tg1, ha commentato la vicenda del peschereccio colpito da colpi di arma da fuoco da una motovedetta libica. "Il comandante libico ha ordinato di sparare in aria - ha spiegato Frattini - anche se poi purtroppo i colpi sono arrivati sulla barca italiana". Il ministro, poi, ha detto che il ministro degli Interni, Roberto Maroni, ha aperto un'inchiesta sull'episodio: "Posso dire che il ministro Maroni stasera ha deciso di avviare un'inchiesta sui fatti e di convocare già per domani una riunione sul funzionamento delle regole d'ingaggio". Sparare, infatti, "esula dalle regole di ingaggio", sottolinea Frattini.

 "Chiediamo che il Governo riferisca subito in Parlamento sul caso Libia. Siamo indignati: abbiamo subito le beffe e oggi anche il danno", dichiara il leader Udc, Pier Ferdinando Casini. Analoga richiesta dal Pd con la coordinatrice delle commissioni istituzionali del gruppo del Pd alla Camera, Sesa Amici. E Luigi De Magistris, eurodeputato Idv, osserva: "Se il governo italiano accoglie un dittatore come Gheddafi tra onori e celebrazioni, non ci si può stupire se poi questo stesso dittatore si sente autorizzato a considerare il Mediterraneo come una dependance personale dove poter agire indisturbato violando il diritto internazionale".

 Il tentativo di abbordaggio è avvenuto intorno alle 22, quando il motopesca si trovava a circa 30 miglia dalle coste libiche, in acque internazionali: "Ci hanno intimato di fermarci - racconta il comandante - ma io, sapendo quello che ci aspettava, ho preferito proseguire spingendo i motori al massimo. A questo punto hanno aperto il fuoco, continuando a sparare a intervalli di circa un quarto d'ora-venti minuti".

Il capitano ha ancora negli occhi il terrore provocato da quei colpi di mitraglia: "Ci hanno inseguito fin quasi dentro le nostre acque territoriali. Solo all'alba, quando eravamo in vista di Lampedusa, ci siamo sentiti in salvo". Da anni le autorità libiche rivendicano la loro giurisdizione sul Golfo della Sirte, sequestrando le imbarcazioni mazaresi sorprese a pescare in quel tratto di mare.

Ma il capitano assicura che l'"Ariete", al momento del tentativo di abbordaggio, stava navigando e non era impegnato in una battuta: "Non avevano nessun diritto di fermarci".

E invece i militari libici, nonostante la presenza a bordo dei finanzieri italiani, hanno usato le maniere "forti" per convincere i marinai a desistere dalla fuga, come testimoniano la fiancata sinistra e la cabina del motopesca sforacchiati dai proiettili: "Hanno sparato all'impazzata. Solo per un caso non hanno provocato l'esplosione di alcune bombole di gas che erano in coperta", sottolinea Alessandro Novara, uno componenti dell'equipaggio. Gli fa eco Tameur Chaabane, un altro marittimo tunisino imbarcato sull'"Ariete": "I libici sono degli incoscienti, perché sparare all'altezza della cabina di comando significa volere uccidere".

Ed è proprio il comandante Marrone a sollevare, con i suoi marinai, il dubbio che la motovedetta che li ha mitragliati sia uno dei sei pattugliatori italiani "regalati" a Gheddafi. "Non posso esserne certo - spiega - ma era del tutto simile a quelle utilizzate dalla nostra Guardia di finanza e dalla Capitaneria di porto". La conferma arriverà solo qualche ora dopo, quando l'equipaggio dell'"Ariete" ha già ripreso il mare per proseguire la battuta di pesca nel Canale di Sicilia.

La procura della Repubblica di Agrigento ha aperto formalmente un'inchiesta sul mitragliamento. I magistrati hanno disposto accertamenti - che sono stati delegati al Ris dei carabinieri - sui fori di entrata dei proiettili per verificare se i militari libici abbiano sparato ad altezza d'uomo.