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15/09/2010 04:15:38

"Governo inerte. Sono preoccupato per la facilità con cui si spara nel Mediterraneo"

e presidente del Consiglio Cei per gli Affari giuridici, dopo aver preso atto delle dichiarazioni con cui il ministro dell'Interno Maroni ha giudicato "incidente, grave ma incidente" gli spari esplosi da una motovedetta l, con a bordo anche militari italiani, contro un peschereccio siciliano (che il Gps oggi dice essere stato in acque internazionali). "Assistiamo a una vera e propria inerzia del governo italiano - accusa il vescovo -. Preoccupa molto che non ci sia nessuna iniziativa politica sulla questione della competenza circa le acque del Mediterraneo. E la facilità con cui si mette mano alle armi e si attenta alla vita delle persone". Anche l'opposizione non ci sta, contesta le parole del ministro e chiede che sia rivisto l'accordo con Tripoli. Interviene il ministro degli Esteri Franco Frattini: "Incidente grave, ma i rapporti con la Libia non cambiano".

  "Quello che è successo l'altroieri sera non doveva accadere, e la Libia si è scusata". Lo annuncia - nel corso del programma Mattino 5, a Canale 5 - il ministro dell'Interno, Roberto Maroni -. Immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave che trasportava clandestini, ma con l'inchiesta che abbiamo aperto verificheremo cos'è accaduto". "La motovedetta - spiega ancora Maroni - è una delle sei che abbiamo consegnato alla Libia sulla base di un accordo siglato nel 2007 dall'allora ministro Giuliano Amato". A bordo, ha precisato, "ci sono militari italiani che per un periodo forniscono assistenza tecnica ai libici ma non hanno funzioni di equipaggio. Ieri abbiamo ricevuto il loro rapporto, non sono stati coinvolti nell'operazione e oggi faremo una riunione al ministero per verificare ciò che è accaduto. Penso che si sia trattato di un incidente grave, ma pur sempre un incidente: studieremo le misure perché non accada più".

"Nulla cambia nei rapporti" tra Italia e Libia e non c'è stato alcun contatto tra Silvio Berlusconi e il leader libico Muammar Gheddafi dopo la vicenda del peschereccio. Così il ministro degli Esteri Franco Frattini, che poi ricorda come "c'è uno spazio marittimo che, secondo la Libia, fa parte del suo mare territoriale e nel quale i pescherecci italiani vanno pacificamente a pescare. In molti casi non succede niente, in altri avvengono incidenti". "Il problema è in corso di negoziato da molto tempo - prosegue Frattini -, almeno un anno. Si tratta di una questione vitale e abbiamo cominciato a lavorare per definire un accordo di pesca italo-libico. Altra cosa - continua il titolare della Farnesina - è la questione delle regole di ingaggio. L'accordo del 2007 spiegava con chiarezza le caratteristiche delle pattuglie italo-libiche. Ma non si dice in quell'accordo che quelle pattuglie devono lavorare esclusivamente in operazione anti-immigrazione, che potrebbe essere utile". Il ministro degli Esteri si è detto pronto a riferire in Parlamento: "Non ho avuto nessuna notizia di una richiesta ufficiale, ma ogni volta che mi hanno chiamato in parlamento io ci sono andato".

Le opposizioni: "Indegno difendere la Libia, il Trattato va sospeso". "Maroni si sta arrampicando sugli specchi. E' in fortissimo imbarazzo perché quello che è successo dimostra l'incapacità del governo di ottenere dalla Libia che si attui in maniera corretta il trattato italo-libico". Così Sandro Gozi, responsabile politiche europee del Pd, secondo il quale "il governo dovrebbe sospendere quel trattato in maniera unilaterale, perché la parte libica ne ha più volte violato i principi fondamentali". Critica le affermazioni di Maroni anche il democratico Giuseppe Lumia, che sottolinea un altro aspetto della vicenda: "Il fatto che la motovedetta abbia sparato perché aveva scambiato il peschereccio per una nave di clandestini non è meno grave. Non si può liquidare quello che è successo al largo delle coste libiche come un mero incidente. Qui è in discussione il rispetto delle norme internazionali e dei diritti fondamentali della persona umana".

Leoluca Orlando, portavoce dell'Idv, giudica "indegna" la difesa della Libia da parte del governo italiano. "Maroni e Frattini, invece di difendere i nostri pescatori e alzare la voce, continuano a genuflettersi al dittatore libico in nome degli interessi economici del presidente del Consiglio. Il governo venga immediatamente in Parlamento a riferire. L'Italia non è un piedaterre della Libia". E il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, chiede: "Ai migranti è lecito sparare addosso? E' così che l'Italia vuole gestire i flussi migratori?". E chiede "all'Unione europea di intervenire immediatamente perché un paese dell'Unione non può appaltare la gestione dei diritti umani dei migranti al dittatore Gheddafi".

Tra le ipotesi dell'indagine, anche il reato di tentato omicidio plurimo aggravato a carico di ignoti. Al Ris dei carabinieri spetterà esaminare i fori di entrata dei proiettili per verificare se i militari abbiano sparato ad altezza d'uomo. La Procura ha disposto il sequestro del peschereccio. Intanto è già noto il risultato dell'esame del sistema 'Blue box', sorta di rilevatore Gps che ogni peschereccio al di sopra di una certa stazza deve avere installato a bordo e grazie al quale può essere seguito dalle autorità italiane: il peschereccio 'Ariete' era in acque internazionali, a 30 miglia a nord di Zuwarah, cittadina sulla costa libica non molto lontana dalla Tunisia. Il diritto internazionale stabilisce il limite delle acque territoriali a un massimo di 12 miglia dalla costa di uno stato. Il peschereccio, quindi, si trovava 18 miglia fuori dalle acque territoriali libiche.

I PRECEDENTI. L'ultimo episodio di "contatto" fra un peschereccio mazarese ed una motovedetta libica risale allo scorso 27 febbraio, quando il motopesca "Luna Rossa" riuscì a sfuggire ad un vero e proprio attacco, riportando parecchi danni. È lunga, comunque, la storia di sequestri di pescherecci mazaresi sorpresi a pescare nella cosiddetta "Zpp", zona interdetta alla pesca istituita unilateralmente nel febbraio 2005 dal Governo di Tripoli e che si estende per 62 miglia oltre il limite di 12 miglia delle acque territoriali. Due mesi fa il peschereccio "Twenty three" fu bloccato nel porto di Sfax per due settimane e venne liberato nei primi di agosto dopo il pagamento di un'ammenda di 15 mila euro. In precedenza, il 10 giugno, era avvenuto il contemporaneo sequestro di tre pescherecci - "Mariner Dieci", "Vincenza Giacalone" e "Alibut" - da parte delle autorità militari libiche. Altro episodio quello che aveva visto protagonisti i motopesca "Monastir" e "Tulipano", fermati lo scorso 22 luglio 2009 e rilasciati il successivo 4 agosto.
La questione relativa al limite delle acque territoriali libiche è stata più volte additata dall'armamento mazarese come uno dei fattori che hanno contribuito alla crisi del comparto. Sempre per lo stesso motivo nel marzo dell'anno scorso era stato fermato, per circa cinque giorni, un altro peschereccio, il "Chiaraluna". Quaranta giorni invece era durato il sequestro, nel febbraio del 2008, del "Vito Mangiaracina". Il "Mediterraneo I", sequestrato nel dicembre 2006, era stato invece rilasciato dopo una telefonata notturna fra Prodi e Gheddafi.
La contesa ha registrato più di un tragico epilogo. Nel 1998, dopo lo speronamento di un peschereccio da parte di una motovedetta libica, morì un marittimo mazarese. Nel 1996 sempre i libici sequestrarono l'"Osiride", ancora oggi abbandonato nel porto di Tripoli, mentre l'equipaggio fu imprigionato addirittura per sei mesi.

CGIL. ''L'uso di armi da fuoco da parte dei militari libici e' un fatto inaccettabile e di una gravita' assoluta. Non si puo' attentare ne' alla vita dei pescatori mazaresi ne' tantomeno dissuadere gli scafisti sparando su donne, uomini e bambini. A giudicare dai fori dei proiettili sparati sull'imbarcazione e' un miracolo che non vi siano state vittime''. Lo dice la segretaria generale della Cgil di Trapani Mimma Argurio, commentando la vicenda che ha coinvolto l'equipaggio del motopesca 'Ariete' di Mazara del Vallo (Trapani), colpito domenica sera a largo delle coste libiche, da una serie di colpi di mitraglia sparati da una motovedetta libica con a bordo militari italiani.

Per la Cgil e' necessario che "il Governo si adoperi con fermezza e determinazione per porre fine alle questioni legate alla definizione dei confini delle acque libiche. I pescatori mazaresi - dice Argurio - devono poter esercitare la propria attivita' in mare nella massima sicurezza, senza il rischio che una battuta di pesca determini il sequestro dell'imbarcazione e metta a repentaglio delle vite umane. Ci auguriamo - conclude la leader sindacale - che non si verifichino piu' episodi di tale gravita' e che la Procura di Agrigento accerti le responsabilita'. Ai pescatori mazaresi va la solidarieta' della Cgil e l'augurio di un rapido rientro a casa''.