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24/10/2010 11:11:41

"E' vero, sono io Gerlandino Messina". Il boss di Agrigento ammette la sua identità

reparto operativo dei carabinieri, nel quartiere di Villaseta, al carcere di contrada Petrusa ha ammesso con un filo di voce quello che per gli investigatori era ormai una certezza: "E' vero, sono Gerlandino Messina". Si è conclusa così, poco prima di mezzanotte, la latitanza durata 11 anni del nuovo capo
di Cosa Nostra di Agrigento, catturato ieri pomeriggio in una palazzina in costruzione a Favara, in via Stati Uniti.

 Un blitz messo a segno dalle teste di cuoio del Gis, che hanno utilizzato microesplosivi per scardinare le porte e bombe accecanti per impedire al boss di utilizzare le due pistole che aveva con sé. All'uscita dalla caserma ieri notte si è radunata una piccola folla di parenti del capomafia, guidati dalla madre, Giuseppa Nicosia, di 53 anni. La donna e gli altri familiari hanno mandato baci al congiunto e hanno manifestato il loro affetto:

"Ti vogliamo bene", gli hanno gridato. Lui ha risposto con un sorriso poco prima di salire sull'auto dei carabinieri. I particolari dell'operazione, che ha portato anche all'arresto per favoreggiamento dell'uomo che si trovava nel covo insieme al superlatitante, stanno per essere illustrati in una conferenza stampa al comando provinciale dei carabinieri di Agrigento alla quale partecipano il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, che è anche della Direzione Distrettuale Antimafia.

 

 

Nell'ambito dell'operazione che ieri pomeriggio ha portato alla cattura del superlatitante Gerlandino Messina, i carabinieri hanno arrestato per favoreggiamento anche il vivandiere del boss, Calogero Bellavia, 24 anni, incensurato. E' stato proprio seguendo i movimenti del giovane, sospettato di essere uno fiancheggiatori del capomafia, che gli investigatori sono riusciti a individuare il covo dove si nascondeva il ricercato. Si tratta di una palazzina abusiva in costruzione a Favara, in via Stati Uniti. Non disponendo di una pianta dell'immobile, si è reso necessario l'intervento delle teste di cuoio del Gis. Ieri pomeriggio il giovane, come faceva di frequente, è stato visto entrare nella palazzina con alcuni generi alimentari: il pranzo destinato al boss. A questo punto gli investigatori hanno deciso di fare scattare il blitz con l'ausilio di alcune cariche microesplosive, per scardinare porte e finestre, e di bombe accecanti per impedire al padrino di utilizzare le due pistole che aveva con sé. L'operazione, come è stato sottolineato oggi nel corso della conferenza stampa che si è svolta nel comando provinciale dei carabinieri di Agrigento, è scattata dopo una segnalazione da parte dei servizi segreti dell'Aisi che circa un mese fa avevano fornito una "rosa" di probabili fiancheggiatori del latitante tra i quali anche Calogero Bellavia.

Trentotto anni e una carriera criminale in ascesa. Gerlandino Messina, il boss arrestato nel pomeriggio a Favara (Agrigento) dai carabinieri e dagli uomini del Ros e del Gis (Gruppo intervento speciale) era ricercato dal 1999 per associazione di tipo mafioso e vari omicidi. Una condanna all'ergastolo e, dal 2001, un mandato di cattura in campo internazionale, che lo avevano spinto a rimanere nel suo territorio. Nello zoccolo duro di Cosa nostra, a Favara, dove gia' lo scorso anno era sfuggito all'arresto. Un blitz della Squadra mobile del 27 novembre, infatti, si era concluso con una fumata nera. Nell'appartamento in via Primo Maggio dove gli agenti avevano fatto irruzione il capomafia, succeduto a Giuseppe Falsone nella guida della famiglia agrigentina, non c'era. Al suo posto all'interno di un garage avevano trovato una specie di bunker e alcune cartoline. Li' il capomafia latitante aveva festeggiato anche il suo 37esimo compleanno.