la brutta copia di quello poi spedito, indirizzato al capomafia trapanese latitante Matteo Messina Denaro. Nella lettera, in cui c’é esplicitamente il nome del padrino ricercato, Messina cerca accordi per la spartizione territoriale delle “messe a posto”, suggerendo una sorta di suddivisione per aree della gestione del pizzo alle imprese.
Il biglietto, ritrovato dagli investigatori, oltre a documentare i recenti rapporti tra i due capimafia, dimostra che Gerlandino Messina, contrariamente alla linea dettata dal suo predecessore alla guida delle cosche agrigentine, Giuseppe Falzone, grande nemico di Messina Denaro, cercava accordi con il padrino di Castelvetrano. Sabato, addosso al boss agrigentino erano stati trovati anche quattro pizzini, scritti a macchina, con un elenco di imprese che si erano aggiudicate grossi appalti pubblici e alle quali, secondo gli inquirenti, Messina aveva intenzione di chiedere il pizzo. Nel covo di Favara sarebbero stati trovati molti documenti che gli investigatori ritengono importanti.