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23/11/2010 05:27:08

Anche la vicenda della Pallacanestro Trapani nei rapporti tra Berlusconi, Dell'Utri e la mafia. Ciancimino è "inattendibile"

 riguardano anche la vicenda della Pallacanestro Trapani.  Una vicenda dalla quale emerge che Dell'Utri non è stato solo il “mediatore” tra cosa nostra e Silvio Berlusconi  per proteggere la famiglia del presidente del Consiglio, e in Sicilia i ripetitori Fininvest e i magazzini Standa, ma  ha usato cosa nostra per far avere soldi in nero a Publitalia.

Il processo sulle vicende della Pallacanestro Trapani è stato annullato dalla Corte di Cassazione il 28 Maggio scorso. 

La vicenda risale al 1991-1992 e riguarda una sponsorizzazione della “pallacanestro Trapani”. Al proprietario della squadra, Giuseppe Garraffa, è stato chiesto di pagare, in nero a Publitalia ( Dell’Utri allora era il presidente) 530 milioni di lire. Quasi il 50% della sponsorizzazione concessa dalla Birra Messina. A fare la richiesta  non fu solo Dell’Utri, ma anche il capomafia di Trapani, Vincenzo Virga. I  giudici di Palermo inseriscono la vicenda nella sentenza con diversi dettagli, per motivare il “contributo” di Dell’Utri al mantenimento e al rafforzamento di cosa nostra.

Ricordano i giudici: “…Il Garraffa aveva riferito che dopo l’accredito della seconda rata di 750 milioni di lire gli era stato richiesto di versare, in contanti ed in nero, altri 530 milioni a titolo di ‘provvigione’ senza emissione di fattura seppure richiesta e con l’invito a risolvere se del caso la questione direttamente incontrando il Dell’Utri. Nel corso dell’incontro, avvenuto tra la fine del 1991 o i primi giorni del 1992, nella sede di Publitalia a Milano, il Dell’Utri aveva ribadito al Garraffa che non sarebbe stata rilasciata alcuna fattura a fronte della ‘provvigione’ richiesta, rammentando nell’occasione al suo interlocutore che ‘…i siciliani prima pagano e poi discutono…’ e che avevano comunque ‘uomini e mezzi per convincerlo a pagare’.

Ancora: “Qualche mese dopo, comunque prima dell’elezione al Senato del 5 aprile 1992, il Garraffa aveva ricevuto presso l’ospedale di Trapani ove era primario, la visita di Vincenzo Virga accompaganato da Michele Buffa, che gli aveva chiesto se fosse possibile risolvere la questione con Publitalia, aggiungendo, alla richiesta del medico di sapere chi lo aveva ‘mandato’, che si trattava di ‘amici’, menzionando infine proprio il Dell’Utri”. A confermare l’intervento di Virga e dello stesso Dell’Utri, anche il pentito Vincenzo Sinacori, ex reggente del mandamento di Mazara del Vallo. Ha raccontato che il capomafia della provincia di Trapani, Matteo Messina Denaro, lo incaricò di parlare con Virga per chiedergli di “parlare” con Garraffa perché saldasse il “ debito” con Publitalia. E Virga, ricorda Sinacori, poi gli confermò di aver assolto il compito.

LA VICENDA GIUDIZIARIA. La Sesta sezione penale della Cassazione ha annullato la decisione con cui la corte ambrosiana nel 2009, dopo aver derubricato l'accusa di tentata estorsione in minacce gravi, aveva dichiarato prescritto il reato a carico del senatore coinvolto con il boss Vincenzo Virga in un'imputazione di tentata estorsione a carico del presidente della pallacanestro Trapani Vincenzo Garraffa. A quest'ultimo sarebbe stato chiesto di corrispondere (nell'interesse della società Publitalia 80, di cui dell'Utri era presidente) in contanti e in nero una somma equivalente al 50% della sponsorizzazione concessa alla pallacanestro Trapani dalla società Birra Messina, azienda appartenente al gruppo Dreher, per un totale di circa 1.500 milioni di lire tra il 1991 e il 1992. Contro il verdetto, che aveva deciso per la prescrizione, avevano fatto appello, oltre al procuratore generale di Milano e a Vincenzo Garraffa, lo stesso dell'Utri, interessato a essere assolto nel merito. Occasione offerta ora dalla Cassazione, che stabilisce la riapertura del processo rinviando il procedimento alla Corte d'Appello di Milano, che avrà in particolare il compito di verificare l'eventuale sussistenza della minaccia e la configurabilità della desistenza volontaria del tentativo di estorsione.Secondo gli ermellini, appare infatti «insuperabilmente contraddittorio argomentare della sussistenza della minaccia che costituisce elemento costitutivo del delitto di tentata estorsione, ma al tempo stesso affermare che essa non avrebbe avuto ‘sicura natura estorsiva' e, contestualmente, ritenere che poiché a quella minaccia – di fatto – non ne erano seguite altre il tentativo di estorsione si era "estinto" per desistenza volontaria».

CIANCIMINO. "Non capisco davvero perché la Corte d'Appello di Palermo, nonostante abbia deciso di non sentirmi nel processo a Marcello Dell'Utri, mi giudichi inattendibile nelle motivazioni della sentenza che ha condannato il senatore". Lo ha detto Massimo Ciancimino commentando le motivazioni della sentenza con cui il senatore Marcello Dell'Utri è stato condannato a 7 anni per concorso in associazione mafiosa.

Un paragrafo delle 641 pagine in cui si articolano le motivazioni è dedicato al figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, che i giudici avevano deciso di non sentire. "L'incontestabile progressione accusatoria che caratterizza - scrive la Corte - con ogni evidenza le dichiarazioni sul conto dell'imputato non può che irrimediabilmente refluire in maniera oltremodo negativa sull'attendibilità e sulla credibilità di Massimo Ciancimino.

La Corte ha pertanto ritenuto che la pretesa rivelazione da parte del genitore sui presunti rapporti diretti Dell'Utri-Provenzano, che Massimo Ciancimino aveva peraltro taciuto per oltre un anno e 4 mesi, non era suscettibile di possibile utile approfondimento, oltre che manifestamente tardiva senza alcuna convincente e credibile motivazione".

Ciancimino ha inoltre precisato che "una Corte d'Assise, quella che si occupa della morte di Roberto Calvi, ha deciso di sentirmi respingendo le istanze delle difese degli imputati che avevano portato a sostegno della loro opposizione proprio le motivazioni addotte dalla Corte d'Appello di Palermo quando decisero di non farmi testimoniare".

"Sono davvero stupito - ha concluso - dal fatto che i giudici palermitani abbiano voluto ribadire la mia presunta inattendibilità anche nelle motivazioni della sentenza, dopo essersi già pronunciati rigettando la richiesta del pg di sentirmi".