E' stato infatti chiesto il rinvio a giudizio della figlia Anna Maria Marano, di soli 24 anni. Sui suoi indumenti sono state infatti rinvenute però tracce di polvere da sparo, nonostante la giovane abbia sempre dichiarato di non essere presente sulla scena del delitto. Per lei viene ipotizzata l’accusa di concorso in omicidio.
Era stata la stessa giovane a lanciare l’allarme, poco prima delle quindici, il giorno dell'omicidio, chiedendo l’intervento dei carabinieri. Gli uomini della stazione di Valderice trovarono Maria Milana, ex dipendente dell'Agenzia delle Entrate, riversa sul letto, uccisa da due colpi esplosi da una pistola calibro 38.
I colpi l'avevano centrata all'addome e al petto. La donna era vestita e con i goielli ancora addosso.
Una prima clamorosa svolta alle indagini si ebbe il 14 ottobre la polizia arrestò Gianvito Galia, un ex poliziotto condannato per l’assassinio di un giovane. L’uomo, fermato per un normale controllo, alla vista degli agenti, estrasse una pistola e sparò. Fu arrestato, e con grande sorpresa si scoprì che l’arma in suo possesso era la stessa da cui erano stati esplosi i colpi che avevano ucciso Maria Milana. Gianvito Galia si suicidò quarantotto ore dopo l’arresto in carcere.
Gli inquirenti ritengono che la Marano sia coinvolta nel delitto. Lei respinge ogni coinvolgimento sostenenendo di essere rimasta a casa quel giorno col fidanzato. Ma ci sono alcune testimonianze discordanti.
Milana, al momento dell'uccisione, era vedova da sei mesi. Aveva un'assicurazione sulla vita a favore della figlia maggiore, oggi rinviata a giudizio, per prendersi cura della sorella minore, autistica.