L'operazione, denominata "The end", nasce da un'attività investigativa che ha azzerato il mandamento mafioso di Partinico, importante crocevia tra le province di Palermo e Trapani, negli ultimi anni al centro di una vera e propria faida tra famiglie mafiose rivali.
Il blitz vede impegnati duecento carabinieri del Gruppo, unità cinofile ed un elicottero del 9° Elinucleo di Palermo Boccadifalco.
Era stato scarcerato a marzo scorso, ma è finito in cella stanotte, di nuovo, con l'accusa di associazione mafiosa, Giovanni Vitale, 28 anni, figlio dello storico capomafia di Partinico, Vito. Il ragazzo è tra i 23 arrestati del blitz dei carabinieri denominato "the end", che ha azzerato la cosca del palermitano. Una nuova ordinanza di custodia cautelare è stata notificata anche al fratello Leonardo che è però detenuto.
Secondo gli investigatori Leonardo e Giovanni Vitale avrebbero sostituito il padre alla guida del mandamento mafioso. Dall'indagine è emerso che i due fratelli avevano il controllo capillare delle estorsioni, e delle attività illecite della cosca.
Il taglieggiamento, nei confronti degli imprenditori edili, veniva realizzato attraverso l'imposizione della fornitura del cemento da parte di un'impresa compiacente: la Edil Village srl. I costruttori venivano costretti a rifornirsi da ditte compiacenti come la Edil Village di cemento e di materiale edile.
Non solo rampolli di storiche famiglie mafiose, ma anche professionisti insospettabili sono rimasti coinvolti nella maxi indagine dei carabinieri che ha portato all'arresto di 23 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e danneggiamento. Un architetto incensurato Antonino Lu Vito, 55 anni, è finito in cella con l'accusa di mafia: dalle intercettazioni è emerso che fungeva da intermediario tra diversi mafiosi che volevano accaparrarsi la gestione di un bar di nuova apertura nel centro commerciale Poseidon di Carini.
L'inchiesta, oltre ad evidenziare il ritorno al comando del mandamento di una storica famiglia mafiosa, quella dei Vitale, decimata dagli arresti, ma ancora potente, ha confermato la diffusione e la forza del fenomeno delle estorsioni. Otto i taglieggiamenti contestati agli indagati nei confronti di quattro vittime, per lo più imprenditori edili costretti o a pagare il pizzo o a rifornirsi si cemento e materiale edile da imprese vicine ai Vitale.
Le vittime reticenti a pagare subivano attentati incendiari e danneggiamenti: come è accaduto, ad esempio, alla rivendita di imbarcazioni e auto "Megauto srl" di Alfonso Scalici, mafioso di Balestrate che non voleva piegarsi all'autorità dei Vitale.
L'inchiesta ha messo in luce che oltre alle estorsioni, una fonte di reddito per la cosca era rappresentata dallo spaccio di droga: il settore degli stupefacenti era gestito da Daniele Salvaggio, tra gli arrestati. Solo nell'ultimo anno i carabinieri hanno sequestrato oltre 50 chili tra cocaina, hashish e marijuana.
"L'indagine dei carabinieri, che hanno sgominato la cosca mafiosa di Partinico, ci fa capire che abbiamo di fronte un nemico ancora capace di rinnovare i suoi quadri e di imporre nuovi vertici con grande vitalità e pieno controllo del territorio. Si sbaglia chi pensa che Cosa nostra sia agonizzante".
Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia alla conferenza stampa in cui sono stati illustrati i particolari di un blitz dei carabinieri che ha portato in carcere 23 tra boss ed estorsori.
Ingroia ha sottolineato, ancora una volta, l'importanza delle intercettazioni in indagini come questa in cui - ha detto - "il contesto ambientale è estremamente difficile e la collaborazione della società civile è praticamente nulla".