Erano accusati, a vario titolo, di corruzione in atti giudiziari, concorso in associazione mafiosa peculato, accesso abusivo ai sistemi informatici giudiziari e rivelazione di segreti d’ufficio. I pm Paolo Guido e Fernando Asaro avevano chiesto l’assoluzione di tutti per il reato di concorso in associazione mafiosa e la condanna per gli altri reati. Il tribunale ha assolto gli imputati con il secondo comma dell’art.530 che disciplina i casi in cui ”manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato”.
L’inchiesta portò, a giugno del 2008, all’arresto di otto persone tra professionisti, imprenditori, impiegati della Cassazione, presunti mafiosi e massoni. In cella fini’ anche il faccendiere umbro Rodolfo Grancini, condannato in abbreviato a sei anni e sei mesi per tre delle quattro ipotesi di corruzione che gli erano state contestate. Una poliziotta, implicata nell’inchiesta, Francesca Surdo ha, invece, patteggiato la pena. Per l’accusa gli indagati, alcuni dei quali legati dall’ appartenenza a logge massoniche, grazie alle loro presunte conoscenze in ambienti della Cassazione, avrebbero fatto ritardare la celebrazione di processi, in modo da poter ottenere la prescrizione dei reati, o allungato i termini di trattazione dei ricorsi, tanto da far scattare la scadenza della custodia cautelare.
La mente dell’organizzazione, sempre secondo i pm, sarebbe stata Grancini che avrebbe intascato soldi da alcuni imputati, anche di mafia, per fare avere loro benefici processuali. Il faccendieri avrebbe poi girato parte delle somme al personale della Suprema Corte compiacente.
La lettura delle due sentenze – quella dell’abbreviato e quella di ieri– fanno pensare che i giudici non abbiano creduto all’esistenza di una combine finalizzata all’aggiustamento dei processi e che abbiano ritenuto che Grancini, millantando rapporti con dipendenti della Cassazione, si sia fatto dare il denaro da alcuni degli imputati.