Sono imputati per associazione mafiosa. Grigoli avrebbe messo a disposizione di Cosa Nostra la sua catena di supermercati.
LE ULTIME SCHERMAGLIE. "Non fu Giuseppe Di Bella, ma io, a presentare Grigoli a Giuseppe Provenzano". E' quanto sostiene Sergio Romano, 39 anni, ex dipendente dell'Alimentari Provenzano di Giardinello, la cui testimonianza è stata chiesta, venerdì, dalla difesa di Grigoli. Il Tribunale, però, ha rigettato la richiesta. Per l'accusa, fu Giuseppe Di Bella, di Montelepre, il cui cugino omonimo fu arrestato quando furono catturati i Lo Piccolo, a mettere in contatto l'imprenditore con Provenzano, consigliere Udc a Giardinello.
L'ACCUSA. Grigoli secondo l'accusa, avrebbe messo a disposizione di Cosa Nostra, al fine di consentirne l'ulteriore espansione economica, la sua catena di supermercati, finanziando al contempo la mafia e avvalendosi della sua forza intimidatrice per espandere la sua attività economica. E per questo, l'8 ottobre scorso, i pubblici ministeri della Dda Carlo Marzella e Sara Micucci hanno invocato la condanna dell'imprenditore castelvetranese a 15 anni di carcere, mentre per Messina Denaro sono stati chiesti 8 anni in continuazione con una precedente condanna.
LA DIFESA. Ma per i suoi difensori, Grigoli sarebbe soltanto una «vittima» della mafia. «Nessun vantaggio per lui - ha detto l'avvocato Tosoni - Messina Denaro si è trattenuto il denaro che Grigoli aveva pagato come pizzo da versare ai boss agrigentini, scrivendo bugie nei pizzini…». E stesso concetto ha espresso l'avv. Denaro. «Da Grigoli Messina Denaro si faceva dare il denaro per la 'messa a posto' per i supermercati gestiti fuori provincia e poi si spendeva, grazie al suo ruolo, per l'esonero dal pagamento e tenere in tasca quel denaro…». Per i due legali, insomma, il boss nei pizzini scriveva «menzogne». Tosoni ha anche evidenziato che «l'azienda di Grigoli è stata radiografata dagli investigatori e in 30 anni di attività sono stati riscontrati solo un paio di versamenti di non chiara provenienza, per poche centinaia di milioni di lire». «Matteo Messina Denaro voleva bene a Giuseppe Grigoli, perché le attività commerciali dell'imprenditore erano per lui come una mucca da mungere. Nessuna immissione di denari mafiosi nelle casse del gruppo Grigoli, le cifre di dubbia provenienza sono minimali. E una falsa fatturazione servì, anzi, per creare il nero per pagare il pizzo alla mafia». Sono stati questi alcuni degli argomenti ribaditi in aula, dai difensori dell'ex gestore dei punti vendita Despar in Sicilia.sentenza potrebbe essere emessa lunedì.