Confesso che questa ipotesi non mi sembra campata in aria e certi fatti la suggeriscono. Ed una spiegazione plausibile è che quegli uomini di Chiesa, anche se non ne sono coscienti, sono membri della “Chiesa-istituzione” prima che della “Chiesa-mistero”, di quella Chiesa cioè che è presenza storica del Cristo per le nostre strade. Le istituzioni hanno una loro logica, una propria forza di attrazione, si sostengono a vicenda quale che sia il loro contenuto e la finalità per cui esistono. I “potenti” costituiscono una categoria antropologica a parte, sono tutti fratelli, quasi appartenessero ad una tentacolare massoneria planetaria. Il potere è maestà ed arbitrio, non è legge, anche se a sua giustificazione porta avanti il “bene comune”, la tenuta dell’ordine e perfino della legge di Dio. Questa stupefacente caduta di stile cristiano, questa abiura alla profezia che ci farebbe leggere la storia alla luce della Parola (e mai viceversa) dovrebbe fare riflettere tutti. Ma forse il male denunziato da questo strano neo-collateralismo di certi cattolici col potere rivela un grave scadimento dello stesso cristianesimo. Pare che da «lieto annunzio» di salvezza «per ogni carne», da proclamazione che non esistono pietre tombali sulle nostre sciagure e sui nostri limiti, ma pietre pasquali che sprigionano vita e futuro di gloria, da queste altezze esso sia sceso a quattro “valori non negoziabili” assicurati dal Cavaliere fino a quando rimane in sella. Qui non si sta dicendo che quei “valori” (difesa della vita umana al suo apparire ed al suo tramonto, tutela della famiglia, diritto all’educazione dei figli…) siano fasulli, ma che essi non esauriscono affatto il Vangelo.
Viene ovvia la conclusione che fino a quando il popolo di Dio tutto continua a non interrogarsi sul “sistema”, sul paradigma che regge il mondo, o addirittura lo “sposa” quasi fosse ovviamente naturale, contentandosi magari di ritenere proprio compito lenire i guai provocati da esso («Il capitalismo globalizzato è legge sacra di natura, ma noi aiuteremo gli affamati della Tunisia…»), fino a quel giorno ogni esecrazione di eccessi, ogni (inimmaginabile) scomunica sarebbe solo un toglierci un bruscolo dagli occhi lasciando che vi prosperi una bella trave.
Felice Scalia - Gesuita, teologo dell’istituto Ignatianum (Messina)
in “Adista” - Segni nuovi – n. 9 del 5 febbraio 2011 - www.chiesavaldesetrapani.com