Lo ha ha rivelato lo stesso Spatuzza nell’aula bunker di Firenze dov’é testimone al processo sulle stragi mafiose del ‘93. Quella volta, allora, Spatuzza lesse a Giuseppe Graviano, in presenza dei magistrati, una lettera, poi gliela consegnò. “Non nego l’amicizia con te, abbiamo tutti sbagliato, cambia strada, sei sempre in tempo a redimerti”, sono i contenuti riferiti dall’avvocato Valeria Maffei al termine dell’udienza, la seconda in cui Spatuzza ha completato la sua deposizione come testimone nel processo contro il boss Francesco Tagliavia. L’episodio del confronto con il boss Giuseppe Graviano e della lettera è dell’estate del 2009 ed è un interrogatorio della procura di Firenze nell’indagine sui cosiddetti mandati esterni alle stragi. Quell’estate con la stessa modalità i pm misero a confronto Spatuzza, in altri distinti momenti, con Filippo Graviano e Cosimo Lo Nigro. “I Graviano – ha commentato oggi Spatuzza – hanno capito la mia scelta di collaborare con la giustizia. Anche se li contesto e non li condivido rimangono miei fratelli, amici”.
Dissapori di Spatuzza con i Graviano e i Tagliavia emergono quando motiva il suo ‘pentimento’, quelli che lui chiama “malesseri”: non solo quelli per i Georgofili di Firenze, ma anche per “gli innocenti condannati all’ergastolo per la strage di via D’Amelio”, e per certi screzi tra vecchi e nuovi boss a Palermo: “Quando fui nominato da Cosa Nostra capofamiglia a Brancaccio e capomandamento – ha detto Spatuzza -, i Tagliavia e i Graviano non mi davano la cassa ma andarono a dire ai figli e ai parenti dei detenuti di venire da me a chiedere soldi” e “i Tagliavia tennero per sé le uova di tonno che ogni anno un venditore ci dava al posto del pizzo”. Circostanze a cui ha replicato Francesco Tagliavia dal carcere di Viterbo: “Spatuzza si permette di dire cose sui Tagliavia che non vanno bene. L’indegno è lui, quando parla dei Tagliavia si deve pulire la bocca con la candeggina”. E ancora sui Graviano: “Sono ricchissimi. Ma a loro non hanno confiscato nulla”. Spatuzza ha ricostruito la preparazione e l’esecuzione delle stragi. “Non erano previsti i morti di Milano, Firenze, Roma – - Non li volevamo i morti ma ce li siamo presi”.
Quanto agli obiettivi, ha confermato la riunione che quello di Firenze fu scelto osservando depliant. “A Milano e Firenze non centrammo bene gli obiettivi: a Firenze l’auto fu messa in un’altra strada (via dé Georgofili e non sotto gli Uffizi, ndr) perché c’era un vigile urbano; a Milano l’auto si fermò”. A Roma erano stati scartati due obiettivi: la casa di Dante, una fondazione all’epoca presieduta da Giulio Andreotti, “perché c’era una telecamera”, e la “festa de noantri”, appuntamento tradizionale che si tiene nel rione Trastevere. Mentre l’attentato “a Maurizio Costanzo era stato programmato già l’anno prima insieme a quelli per uccidere Martelli e Falcone, e nel ‘93 dovemmo ripianificarlo”.
Alle domande dell’avvocato Luca Cianferoni il pentito Spatuzza ha opposto vari “non so”: su un suggeritore delle stragi “No” è stata la risposta secca; così su relazioni coi servizi segreti e sulla natura della Falange Armata (“Facemmo la rivendicazione ma non so cos’é”). Per la difesa di Tagliavia, oltre a Cianferoni l’avvocato Antonio Turrisi, Spatuzza “s’é trincerato dietro questo silenzio”. Ma il legale del pentito Valeria Maffei ha detto che “Spatuzza è attendibile e ha dato tutte le risposte da dare”.