Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
11/02/2011 14:06:06

Un solo battesimo?

  
La lettera sulla «sbattezzo» pubblicata due settimane or sono (Riforma del 28 gennaio scorso) conteneva un paragrafo  che, per ragioni di spazio, non ho potuto pubblicare. Lo faccio però adesso, perché il tema dello «sbattezzo» – e quello  collegato del battesimo – merita di essere ripreso, dato che, come già s’è accennato la volta scorsa, riguarda da vicino anche le nostre chiese. Questo stesso giornale è il settimanale di tre gruppi di chiese che, sulla questione battesimale,  hanno dottrine e prassi diverse. Ora, la nostra lettrice evoca i battesimi fraudolenti  che furono praticati in passato (forse occasionalmente lo sono ancora oggi, in ambienti particolarmente bigotti) e  ricorda il tristissimo e scandaloso caso Mortara accaduto nell’Ottocento: un bambino ebreo fu battezzato o fatto  battezzare cattolico di nascosto da una donna di servizio, che così pensava di «salvarlo»; la Chiesa cattolica, con il  papa Pio IX in testa, ha poi letteralmente sequestrato questo bambino considerandolo, in quanto battezzato, sua  proprietà; lo ha quindi sottratto ai genitori con un atto di inaudita violenza, con l’argomento che il bambino, ormai  battezzato cattolico, doveva essere educato nella religione cattolica, e questo i genitori ebrei non erano ovviamente in  grado di farlo. Quello del papa fu un atto di pura barbarie religiosa, un vero delitto morale e spirituale. La nostra lettrice  ritiene che, in questo caso e in altri analoghi, la persona battezzata da bambino possa legittimamente, da grande,  «sbattezzarsi», cioè dichiarare nullo il battesimo ricevuto in quel modo fraudolento, avvenuto contro il volere dei genitori e della comunità di appartenenza. Ci sono però altre forme di «sbattezzo» (se così lo vogliamo chiamare) che ci  riguardano da vicino e che meritano attenzione. Di una in particolare ci vogliamo ora occupare: quella di chi, battezzato  da bambino, dopo aver fatto un percorso di fede, desidera concluderlo con un battesimo non più amministrato a sua  insaputa e senza la sua volontà (come è quello ricevuto da bambino), ma con un battesimo scelto consapevolmente e  accompagnato da una personale confessione di fede. Questo cristiano, allora, per così dire «si sbattezza», cioè  dichiara nullo il battesimo ricevuto da bambino e chiede di essere battezzato come credente consapevole, confessando la fede. Per lui si tratta del primo battesimo, dato che considera quello ricevuto da bambino un non-battesimo. Ma per la  chiesa che lo ha battezzato e che considera valido il battesimo di un bambino, quel battesimo da adulto credente è  visto come un secondo battesimo, e questo, dal suo punto di vista, contraddice l’unicità dell’evento del battesimo che  tutte le chiese professano. È a questo punto che gli animi e le chiese si dividono. Come è noto, sulla questione  battesimale, le chiese si dividono oggi in due categorie: quelle dette «pedobattiste», che praticano abitualmente, anche se non esclusivamente, il battesimo dei bambini, e quelle battiste, avventiste, dei Fratelli, pentecostali e altre ancora,  che praticano esclusivamente il battesimo dei credenti, e considerano quello dei bambini un battesimo mancato, un  battesimo che non c’è, e quindi non riconoscono come battezzati tutti coloro che lo sono stati da bambini (cioè la  grande maggioranza dei cristiani, almeno di nome). Questo crea tra le chiese una divisione abbastanza seria, che  esiste da quasi cinque secoli e che finora nessuno è riuscito a superare. Questa divisione esiste anche all’interno del piccolo mondo evangelico italiano, nel senso che le chiese valdesi, metodiste e luterane praticano, oltre che il battesimo  dei credenti, anche il battesimo dei bambini, mentre le chiese battiste, avventiste, dei Fratelli, pentecostali e  altre ancora praticano esclusivamente il battesimo dei credenti e non riconoscono come battezzati coloro che lo sono  stati da bambini, siano essi cattolici, ortodossi o evangelici. Eppure sia le chiese di tradizione battista sia quelle di  tradizione pedobattista concordano, a proposito del battesimo, su diversi punti importanti. [1] Tutte sono d’accordo nel  ritenere che il battesimo è un «segno». Qualche chiesa parlerà di «segno efficace », ma pur sempre di «segno». Così  lo definisce anche il Bem ( = Battesimo, Eucaristia, Ministero), importante documento ecumenico del 1982. Non è  l’acqua che purifica, o che diventa acqua santa, dotata di poteri divini, come quello di cancellare il peccato (1). Tutte le  chiese evangeliche sono d’accordo nel separare il battesimo in qualunque forma dalla questione del «peccato  originale», che invece, secondo la dottrina cattolica, come si è appena detto, è cancellato dal battesimo. [2] Tutte le  chiese sono d’accordo nel ritenere che il battesimo si compone di due parti, una umana compiuta dalla Chiesa (il  battesimo d’acqua) e una divina compiuta da Dio (il battesimo di Spirito). Il battesimo cristiano è infatti «d’acqua e di  Spirito». Nel libro degli Atti degli apostoli, che riflette l’esperienza della Chiesa dei primi decenni, ci sono racconti di  battesimi in cui il battesimo d’acqua precede quello dello Spirito (Atti 8, 14-17), altri in cui il battesimo di Spirito precede quello d’acqua (Atti 10, 47-48), altri in cui i due battesimi sembrano coincidere (Atti 8, 38-39). Comunque, ci  sono sempre entrambi. [3] Tutte le chiese sono d’accordo nel ritenere che il battesimo è un evento unico nella vita  cristiana. Mentre la Cena del Signore viene celebrata spesso, all’origine – sembra – ogni volta che la Chiesa si riuniva  per il culto, il battesimo non viene ripetuto. In quanto segno della nuova nascita, può accadere una sola volta: come la  nascita, così anche la nuova nascita è un evento unico. Siccome però le chiese di tradizione battista considerano il battesimo dei bambini un battesimo non avvenuto, ecco che esse battezzano anche persone battezzate da bambini che  per loro non sono battezzate, ma per le chiese che le hanno battezzate, lo sono. [4] Tutte le chiese, infine, sono  d’accordo nell’affermare che alla base di ogni battesimo c’è una iniziativa di Dio: è Lui che «chiama per nome » (Isaia  43, 1), è Lui che cambia i cuori di pietra in cuori di carne (Ezechiele 36, 26), a Lui e a Lui solo spetta il primato in ogni  cosa. Questo dato fondamentale si esprime, tra l’altro, nel fatto che, qualunque sia l’interpretazione che si dà del  battesimo, quest’ultimo è sempre amministrato dalla Chiesa, attraverso una persona che la rappresenta. Nessuno può  battezzarsi da sé. Malgrado questi importanti punti di accordo, resta tra le chiese battiste e quelle pedobattiste una  divergenza di fondo, dovuta a un diverso modo di concepire e quindi di praticare il battesimo; esse danno risposte  diverse alla domanda: Che cos’è il battesimo? Qual è la risposta delle chiese pedobattiste? A grandi linee è questa: il battesimo è il segno del «Sì» che Dio ha pronunciato su ogni essere umano nella morte e risurrezione di Gesù. Infatti  «siamo stati battezzati nella sua morte» (Romani 6, 3), nell’anno 30 della nostra era, sul Golgotha. Il battesimo d’acqua  è segno e annuncio di quel battesimo, che vale per tutti e per sempre. La fede non è costitutiva del battesimo. Non sei  battezzato perché credi, ma perché Cristo è morto per te. Battezzare un bambino significa porre su di lui il segno che  Cristo è morto e risorto anche per lui. Lutero definisce lapidariamente il battesimo come «Parola nell’acqua»: questa  Parola è il «Sì» della grazia e della promessa di Dio. Qual è la risposta delle diverse chiese «battiste» sopra  menzionate? A grandi linee è questa: fermo restando, anche nel battesimo, il primato dell’iniziativa di Dio, il battesimo  presuppone la conversione dell’uomo, è il segno del «Sì» dell’uomo al «Sì» di Dio. La Confessione di fede dei battisti italiani, del 1990, afferma che il battesimo «è il primo atto di obbedienza del cristiano» (art. 9). Quindi prima diventi  cristiano, poi sei battezzato. Senza la fede del battezzato non c’è battesimo, che è possibile solo quando c’è, da parte  del battezzato, la confessione personale della fede. Queste due diverse risposte alla domanda: «Che cos’è il  battesimo?» possono coesistere o devono per forza escludersi, come accade tuttora? A mio giudizio potrebbero, anzi   dovrebbero, coesistere come due forme possibili del battesimo cristiano, ciascuna delle quali mette in luce un aspetto  fondamentale del battesimo stesso e della vita cristiana. Perché questo possa accadere è indispensabile, come primo  passo, che ciascuna, senza rinunciare a se stessa, faccia lo sforzo di riconoscere le motivazioni evangeliche dell’altra.     (1). Qui la dottrina cattolica del battesimo è diversa. Il Catechismo della Chiesa cattolica, del 1992, afferma che «per  mezzo del battesimo tutti i peccati sono rimessi, il peccato originale e tutti i peccati personali, come pure tutte le pene  del peccato» (n. 1263). Questa dottrina è tradizionale nel cattolicesimo romano moderno; la sua prima formulazione a  livello conciliare risale al Concilio di Firenze del 1439.   Paolo Ricca - 'Riforma' dell'11 febbraio 2011