Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
23/02/2011 05:00:00

La nuova missione del Capitano Ultimo: arrestare Matteo Messina Denaro

Palermo, stessa data. “Matteo Messina Denaro non viene arrestato per puro caso. E' a Palermo con Vincenzo Sinacori (il boss di Mazara del Vallo arrestato nel 1996) ed ha un appuntamento con Riina per il pomeriggio. Nella villa, dopo l'arresto di Riina c’è grande traffico: completamente indisturbati, gli uomini di Totò stanno ripulendo la villa, portando via i mobili, intonacando i muri. Vengono portate le carte più importanti, quelle sulla trattativa, sui tanti misteri di mafia, sui rapporti con l’alta politica. E vengono consegnate a Matteo Messina Denaro. E’ il passaggio del testimone. Un baule pesante, che da allora ti segue come una zavorra”. Così Giacomo Di Girolamo racconta nel suo libro “Matteo Messina Denaro: l'Invisibile” (Editori Riuniti) le ore successive all'arresto di Totò Riina, l'appuntamento mancato tra il Comandante De Caprio e Messina Denaro, che sei mesi dopo si sarebbe ufficialmente dato alla latitanza.

La mancata perquisizione del covo di Riina costò a De Caprio ed all'ex Comandante dei Ros, Mario Mori, l'accusa di favoreggiamento a Cosa Nostra. “Quando capii che c'era la volonta' di procedere alla perquisizione della villa – disse De Caprio durante una deposizione - feci presente dal mio punto di vista, di investigatore, che proseguire con l'attività di osservazione sarebbe stato utile per dare un ulteriore colpo a Cosa Nostra”. Si rivelò alla fine in un colpo di fortuna: dieci mesi dopo l'arrresto di Riina a 143 imputati di mafia viene revocato il 41 bis, il carcere duro. Nel 2009 Mori e De Caprio vengono assolti "perchè il fatto non costituisce reato”. In realtà i guai giudiziari per il Generale Mori non sono ancora terminati: nell'ottobre del 2010 la Procura di Palermo lo iscrive nel registro degli indagati nell'inchiesta che segue il filone della trattativa Stato – mafia. Mori è accusato nuovamente di favoreggiamento alla mafia: il mancato arresto di Bernardo Provenzano nel 1995, operazione sfumata – secondo l'accusa – sulla base della trattativa che ha messo sul piatto l'arresto di Riina con la fine della stagione delle bombe del '92.

Il capitano Ultimo invece adesso è vice comandante del Noe, il nucleo operativo ecologico dei Carabinieri. La sua preda? Messina Denaro. Il Noe sta infatti indagando sui “nuovi” business della mafia, l'eolico e il fotovoltaico, che in verità tanto nuovi non sono, almeno per la mafia. Messina Denaro è stato il primo ad intuire e controllare il mercato del vento, a capire come l'energia si sposasse con il cemento, che le torri stanno in piedi solo con tonnellate di calcestruzzo per le fondamenta. Il vento per girare con gli affari ha bisogno della terra. Servono cabine, elettrodotti, strade. E’ un giro di centinaia di milioni di euro ai quali si aggiungono gli ingenti finanziamenti regionali. Incentivi tra l’altro nettamente superiori alla media europea. Nel 2009 il costo totale per la spinta alle fonti rinnovabili, come l’eolico e il fotovoltaico, ha superato i 2 miliardi di euro, e saranno 5 nel 2015 e 7 nel 2020. In Sicilia da fine 2009 svettano 900 torri del vento in 33 parchi eolici. Alcune, le più possenti, quelle di ultima generazione, sono alte 105 metri, come un grattacielo di 30 piani. Il valore di un parco eolico di 30 pale, in media, è di 15 milioni di euro.

Il più ingente sequestro di beni mai effettuato in Italia è avvenuto proprio nel business dell'eolico: il 13 settembre 2010 la Direzione Investigativa Antimafia sequestra a Vito Nicastri beni per un miliardo e mezzo di euro. Nicastri, alcamese, di mestiere fa lo sviluppatore, attività che consiste nella realizzazione e nella successiva vendita, chiavi in mano,di parchi eolici. La mafia conosce perfettamente la green economy, anzi, fa tendenza. “L'attenzione degli inquirenti sull'eolico - ha dichiarato Maurizio De Lucia, sostituto procuratore della Procura Nazionale Antimafia - ha fatto spostare i clan verso il fotovoltaico, richiamati dagli incentivi erogati giustamente dallo Stato. Le infiltrazioni sono possibili soprattutto nell'acquisto dei terreni e nel meccanismo delle autorizzazioni. Ma uno dei rischi è pure l'intervento di società prive delle necessarie garanzie bancarie”.


E' stato questo girare di pale, coppole e tangenti a concentrare le indagini di Sergio De Caprio e del Noe in provincia di Trapani, culla di un vento invisibile e onnipresente, come Matteo Messina Denaro. Il Capitano Ultimo che cerca l'ultimo Capo dei Capi, che magari sembra il titolo di una fiction.

Francesco Timo