Veniva spesso, a Mazara del Vallo, Matteo Messina Denaro. Gli piaceva la giovane movida della città. E non piaceva solo a lui: anche Giuseppe Graviano, da Palermo, si trovava spesso a Mazara, per incontrare il suo amico Matteo, parlare di affari, mangiare del buon pesce. Matteo Messina Denaro si sentiva a casa sua, a Mazara del Vallo. Era abbastanza noto. Uno dei suoi passatempi preferiti era posteggiare l’auto in zona rimozione al lungomare, e non scendere dalla macchina fin quando qualche vigile pronto a fargli la multa non l’avesse riconosciuto, lasciando correre….
Di notte leone. Di giorno, capomafia spietato, il giovane Matteo. Che il pomeriggio del 14 Settembre , neanche trentenne, organizza un commando armato per uccidere il vicequestore di allora, il commissario Rino Germanà. Lui guida la sua Panda bianca d'ordinanza sul lungomare di Mazara. Viene intercettato inseguito da un Tipo con a bordo Messina Denaro, Bagarella, Giuseppe Graviano Francesco Geraci, Diego Burzotta. Cercano di farlo fuori a colpi di kalashnikov, ma Germanà riesce a salvarsi rispondendo al fuoco e fuggendo per la spiaggia di Mazara.
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. Matteo Messina Denaro si è dato dopo pochi mesi alla latitanza, ha scalato velocemente i vertici di Cosa nostra, tanto da esserne indicato oggi come leader indiscusso. Ma c’è chi dice che in realtà, a Mazara del Vallo, Matteo Messina Denaro sia meno invisibile di quello che si pensi. Anzi, è proprio nella città del Satiro danzante (suo vecchio pallino: una volta tentò di rubarlo, ma il colpo andò a vuoto) che Matteo Messina Denaro muove ancora affari e pizzini. Lo dimostrano le recenti operazioni e gli ingenti sequestri che hanno messo alle strette le famiglie mafiose di Mazara, e hanno confermato il loro stretto legame con la famiglia di Castelvetrano.
E’ al porto nuovo di Mazara del Vallo che bisogna andare per capire quanto sia facile per l’organizzazione mafiosa poter smistare i pizzini di Messina Denaro in piena tranquillità, approfittando del caos quotidiano di pescatori, marinai, commercianti e dei grandissimi spazi aperti del molo e delle banchine. Al porto nuovo di Mazara del Vallo c’è traffico di notte e di giorno, pescherecci che si preparano a battute di pesca lunghe mesi, altri che sbarcano, marinai che improvvisano mercati e aste, giovani tunisini in fila per ottenere un ingaggio all’ultimo minuto. E ancora, un via vai continuo di automobili, auto di grossa cilindrata. Si appostano, si accostano. Dai finestrini, conversazioni veloci e concitate. E’ evidente che al porto di Mazara del Vallo non si tratta solo il pesce fresco. E’ qui, secondo una pista che stanno seguendo da tempo gli investigatori, che si nasconde – alla luce del sole – una delle stazioni di posta dei pizzini di Messina Denaro. Gli investigatori lo sanno da tempo, ma non solo è difficile controllare la zona, è anche quasi impossibile per loro piazzare videocamere per seguire movimenti sospetti. “C’è stato chi ha provato per ragioni di sicurezza ad installare delle videocamere in qualcuno dei fari dell’illuminazione – racconta un piccolo armatore - ma dopo qualche giorno già erano ossidate”.
Dunque il porto di Mazara del Vallo nasconde una centrale di smistamento dei pizzini di Matteo Messina Denaro. Le regole sono quelle ormai conosciute dagli investigatori: date di consegna e prelievo dei messaggi rigidamente stabilite, una staffetta che passa da moltissime mani, impossibilità di aprire la confezione di ogni singolo pizzino, nome in codice per riconoscere il mittente o il destinatario. Ma come arrivano i pizzini al porto nuovo? La manovalanza di Cosa nostra è in crisi. L’organizzazione ha problemi a reclutare “soldati” nel territorio, visti i tanti arresti che hanno decimato le famiglie. E’ per questo che Cosa nostra si è fatta “multietnica”. Nella staffetta dei pizzini che arrivano al porto nuovo di Mazara partecipano infatti alcuni immigrati. Mazara ospita la comunità tunisina più grande d’Italia. Una convivenza tranquilla e pacifica che risale alla notte dei tempi e che è modello per tante altre città italiane. Oggi pare che l’integrazione avvenga anche nell’arruolamento di Cosa nostra, che sceglie inconsapevoli marinai tunisini, magari rimasti a terra per la grave crisi che colpisce il settore ittico a Mazara, per fare da postini e arrotondare così le loro basse paghe. Il rischio è minimo: spesso si tratta di giovani che parlano solo il siciliano, non danno confidenza a nessuno e, soprattutto, diffidano della polizia. Eccolo, allora, il giro dei pizzini, che arrivano prima nel cuore di Mazara, nell’antica kasbah dove risiede la stragrande maggioranza degli immigrati, e poi da lì vengono recapitati al porto nuovo, dove magari i pizzini stessi prendono il largo a bordo dei pescherecci o passano semplicemente di mano in mano.
Carlo Rallo