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06/03/2011 05:10:08

Dal porto a Torretta Granitola: così Messina Denaro si muove a Mazara / 2

A causa del black out , il comandante della Capitaneria di porto, Michele Maltese, ha interdetto la zona dalle ore 17 alle 7 del mattino, vietando il transito a veicoli e pedoni, tranne per i pochi autorizzati. Ma non è cambiato nulla. Il traffico al porto è rimasto uguale. Solo un po’ più discreto.

Zona ad intenso traffico, dunque, il porto di Mazara del Vallo, ma zona tranquillissima, per non dare nell’occhio. Così, ha destato scalpore e creato non pochi problemi il ritrovamento lo scorso 19 Aprile di un cadavere all’interno di un sacco nero in un canale del porto.   Era il corpo del quarantaquattrenne marsalese Giuseppe Cucchiara, che mancava da casa da Gennaio. Ucciso con un fucile da sub. Per l’omicidio è stato arrestato Gaspare Marrone, anche lui di 44 anni, di Mazara del Vallo.  Marrone avrebbe maturato l'omicidio perché anche grazie alle dichiarazioni di Cucchiara aveva dovuto scontare una pena di otto anni in carcere per traffico di droga.  Le indagini sono state rapide, la vicenda si è chiusa in breve tempo. E al porto nuovo di Mazara è tornata la calma.


Il porto nuovo viene utilizzato solo come centrale di posta, nulla di più. Perché se  è in questo senso una tranquilla piazza di smistamento, non è altrettanto sicuro per la gestione di traffici e di merci. Questo no.  I Messina Denaro, da generazioni, hanno rapporti intensi con il nord Africa. Affari legati prima al contrabbando, poi alla gestione del traffico di droga e di rifiuti. Il giovane Matteo ha ereditato dal padre una serie di contatti buoni ed affidabili e fa spesso la spola tra la Tunisia e la Sicilia, utilizzando come base logistica, però, non il trafficato porto di Mazara, ma Torretta Granitola, piccola località balneare tra Mazara, Campobello e Castelvetrano. Un antico villaggio di pescatori molto frequentato d’estate ma assolutamente deserto per il resto dell’anno, che con la sua baia offre una radura discreta e sicura per gli spostamenti via mare.  Non è una novità. Storicamente Capo Granitola è stata meta di sbarchi di ogni tipo, alcuni riusciti, come quelli degli arabi (che nel nono secolo cominciarono proprio da qui la conquista della Sicilia) , altri saltati  all’ultimo minuto, come nel caso della spedizione dei Mille di Garibaldi (che era indeciso per questa costa, e poi scelse Marsala) o dello sbarco degli Alleati in Sicilia  nella Seconda Guerra Mondiale.

Torretta Granitola è vicinissima alle coste africane. Eppure in questa zona gli sbarchi di migranti sono rarissimi. “Preferiscono fare giri pazzeschi, a volte cercare riparo nelle coste pressoché inaccessibili di Marettimo o di Pantelleria, o arrivare a Marsala, piuttosto che cercare riparo qui, nonostante il litorale sia basso e sabbioso” racconta un abitante della zona. Il motivo è semplice. Una sorta di pax mafiosa impone di lasciare Torretta Granitola fuori dalle rotte dei clandestini, per non dare nell’occhio. L’ultimo avvistamento di immigrati sbarcati in queste zone risale al 2006. Prima ancora, nel 2002. 

“Da Torretta a Capo Bon, la punta più vicina della Tunisia, la distanza è minore di 200 chilometri. Un gommone di media stazza, otto metri di lunghezza, con un motore a 250 cavalli arriva comodamente, tempo permettendo, in otto ore” dice un noleggiatore di imbarcazioni della zona.  Si tratta di un  canale per gli affari che si rivela anche una via di fuga veloce, in caso di complicazioni. Un canale sempre aperto, per Cosa nostra. Anche alcuni membri della banda di Salvatore Giuliano fuggirono via mare a Tunisi tramite un motoscafo di seconda mano comprato nel porto di Castellammare del Golfo.  Già dagli atti della strage di Portella della Ginestra emerge che per molti membri di Cosa nostra la via di fuga verso la Tunisia dalle  coste trapanesi era sicura e facilmente raggiungibile.  Ma il movimento, nel tempo, è stato anche inverso. Perché molti mafiosi, una volta  accasati in Tunisia, facevano arrivare al porto  di Torretta Granitola armi e soldi per Cosa nostra.  Garante e coltivatore di questo traffico, che univa alle armi il contrabbando di tabacco, ed infine la droga, era Don Ciccio Messina Denaro, padre di Matteo, definito dal pentito Nino Giuffrè il “Ministro degli Esteri di Cosa nostra” proprio per la sua capacità di dialogare con il mondo arabo.  E oggi, dai pizzini del porto alle “gite in barca” con il gommone, a Mazara del Vallo quel dialogo continua.

Carlo Rallo