"Il suicidio in Italia e' la seconda causa di morte fra i giovani di 15-24 anni, ma anche fra gli 'under 14' il fenomeno esiste. E, anzi, e' caratterizzato a livello regionale da aree critiche in cui il numero di baby-suicidi supera le attese degli esperti: e' il caso di Sicilia, Calabria e Lazio". Parola di Maurizio Pompili, direttore del Centro per la prevenzione del suicidio dell'Uoc di Psichiatria
dell'azienda ospedaliera S.Andrea di Roma.
"Il rischio riguarda piu' spesso i maschi, con un rapporto di 3 a 1: in pratica le ragazzine fanno piu' tentativi, ma i coetanei ci riescono decisamente piu' spesso: dei 374 suicidi registrati in Italia dal 1980 al 2007, ben 268 erano maschi", dice Pompili all'Adnkronos Salute, dopo la notizia del quattordicenne romano che ieri si e' buttato dalla finestra del sesto piano, dopo i rimproveri per il cattivo rendimento a scuola e il disordine.
"Il suicidio fra i giovani non e' mai un fulmine al ciel sereno - assicura l'esperto - ma l'ultimo anello di una catena di difficolta' costruita anno dopo anno, mese dopo mese. Insomma, non basta un brutto voto, un litigio o un rimprovero, per fortuna, a spingere un ragazzino a togliersi la vita. E il disagio, come pure l'intenzione di farla finita, si puo' intercettare". E' fondamentale, sottolinea Pompili, "giocare d'anticipo: la vulnerabilita' nasce anche in seguito ad anni di rapporti difficili in famiglia".
Ma quali sono i segnali d'allarme che i genitori di figli adolescenti non devono sottovalutare? "Prima di tutto gli annunci: normalmente chi tenta un suicidio ha preannunciato l'intenzione di farlo. E non sono parole da prendere alla leggera. Anche frasi come 'starete meglio senza di me' devono allarmare. Poi c'e' chi inizia a dar via le cose piu' care, facendo una sorta di testamento".