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03/05/2011 09:06:27

Stragi del '93. Oggi ha parlato Brusca: Berlusconi, Dell'Utri, Mancino...

L'ex boss Giovanni Brusca, chiamato a testimoniare oggi nell'aula bunker di Firenze dove è in corso il processo a Francesco Tagliavia accusato di essere stato uno degli organizzatori delle stragi mafiose del 1993 a Firenze, Roma e Milano, lo mette subito in chiaro. Ma i nomi del premier e del senatore del Pdl tornano nelle parole di Brusca quando l'ex capo mandamento di San Giovanni Jato parla del cambio di referenti politici di Cosa Nostra.
Dopo l'uccisione di Salvo Lima e quindi la fine dei contatti con i vecchi referenti, la cupola "fino al capodanno del 1993 guidata da Riina", spiega Brusca, cercò "nuovi canali" per entrare in contatto con "politici locali con riferimenti nazionali a Roma".
"La speranza era di far tornare lo Stato a trattare con noi, come aveva fatto fino al 1992 grazie all'aiuto dell'onorevole Salvo Lima". Il parlamentare democristiano non era l'unico referente, ha spiegato l'ex boss, "avevamo contatti con altri politici locali con riferimenti nazionali" e a proposito di questi il pentito ha fatto il nome di Giulio Andreotti.
Agli inizi del 1994, ha dichiarato quindi Brusca, mandai''personalmente'' a Milano Vittorio Mangano, emissario di Cosa Nostra, "per contattare Dell'Utri e Berlusconi". Dopo un colloquio con Leoluca Bagarella, che aveva preso il posto di Totò Riina al vertice della cupola mafiosa, Brusca mandò Mangano che era stato per un periodo lo stalliere di Arcore, a parlare con Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi con un messaggio preciso: "Se non avessero accettato le nostre richieste, come ad esempio la concessione della revisione del maxi processo e la fine del 41 bis, noi avremmo continuato con gli attentati, a buttare le bombe".
Il senatore Dell'Utri, secondo il racconto dell'ex boss, avrebbe risposto a Mangano: "Mi metto a disposizione e vi ringrazio". Poi Brusca ha aggiunto che la trattativa si arenò poco dopo: "Tutto si è bloccato con l'arresto di Mangano".
Anche il 'papello' con le richieste della cupola mafiosa per avviare una trattativa con lo Stato è stato al centro della deposizione di Brusca. "Finalmente si sono fatti sotto, gli ho consegnato un 'papello' con tutta una serie di richieste, come ad esempio i benefici per i carcerati", disse a Brusca l'allora capo di Cosa Nostra, Totò Riina nel luglio 1992, 15-20 giorni prima della strage di via D'Amelio a Palermo, dove morì il giudice Paolo Borsellino.
"Non l'ho visto ma sapevo quali erano le richieste", ha precisato il pentito. Alla domanda del presidente della Corte d'Assise d'Appello se Riina gli avesse fatto i nomi delle persone attraverso le quali il 'papello' era stato consegnato alle istituzioni dello Stato, Brusca ha risposto "Riina non mi disse il nome del tramite. Mi fece però il nome del committente finale: quello dell'allora ministro dell'Interno, onorevole Nicola Mancino".
Brusca ha quindi precisato che è "la prima volta che in dibattimento pubblico" fa il nome dell'ex ministro Mancino come 'referente' della trattativa instaurata da Riina. "Più che una trattativa, io parlo di un'offerta", ha precisato Brusca. Anzi, ricordando anche di aver fatto il nome di Mancino al pm Gabriele Chelazzi, scomparso qualche anno fa, che all'epoca indagava sulla strage di via dei Georgofili a Firenze e in seguito alla Procura di Palermo. Al presidente della Corte che gli ha chiesto perché non avesse fatto prima il nome di Mancino in un'aula, visto tutti i processi a cui è stato sottoposto, Brusca ha risposto: "Non per paura", e ha aggiunto tutta una serie di motivi collegati alla "vita pesante" del pentito.
Immediata la replica di Mancino affidata a una nota: "E' una vendetta contro chi ha combattuto la mafia con leggi che hanno consentito di concludere il maxiprocesso e di perfezionare e rendere più severa la legislazione di contrasto alla criminalità organizzata". ''Se Riina ha fatto io mio nome - prosegue Mancino - è perché da ministro dell'Interno ho sempre sollecitato il suo arresto, e l'ho ottenuto".
Brusca, nel corso della sua deposizione, ha spiegato anche che la strategia mafiosa decisa dal capo dei capi di "attaccare lo Stato" fu presa dopo il maxi processo istruito da Giovanni Falcone. "La causa di tutto è il maxi processo", ha affermato Brusca. Al presidente della Corte che gli ha chiesto più volte se la strategia stragista decisa da Riina non fosse da ricondurre al regime del carcere duro inflitto ai mafiosi con l'articolo del 41bis, Brusca ha risposto: "Quello era un fatto momentaneo, entrato in corso d'opera. Ma la causa di tutto, ripeto, era il maxi processo. Del resto, l'attacco cominciò con l'uccisione di Falcone e poi di Borsellino. E se non ricordo male il regime del 41 bis cominciò dopo Borsellino". Tra i motivi che sarebbero stati all'origine dell'aggressione "al cuore dello Stato" ci sarebbero stati, secondo Brusca, "i maltrattamenti nelle carceri, le cosiddette violenze generalizzate" contro i detenuti mafiosi, in particolare quelli che avvenivano nelle carceri di Pianosa e dell'Asinara".
Brusca ha ripercorso anche la trasformazione della strategia mafiosa decisa dalla cupola guidata da Riina, che in un primo momento comprendeva anche "l'uccisione di alcune guardie giurate" nelle carceri dopo che erano giunte segnalazioni di maltrattamenti di detenuti mafiosi. Poi si pensò anche ad "azioni dimostrative", come ad esempio, ha ricordato Brusca, "il posizionamento di una bomba a mano nei Giardini di Boboli a Firenze". Quindi si innalzò il livello degli attacchi, decidendo di colpire "anche le opere d'arte". Brusca ha confermato che l'obiettivo del 'papello' era principalmente "ricattatorio" nei confronti dello Stato. Ha parlato poi di contatti con militari dei carabinieri e "non meglio specificati politici" che sarebbero stati contattati dopo l'estate 1992.
Brusca ha anche riferito di un successivo incontro con Riina il quale riferì che gli esponenti politici a cui si era rivolto presentando il 'papello' avevano definito "esose, perché erano tante" le richieste per addivenire a un accordo che avrebbe fermato gli attentati.
E a proposito di attentati progettati e non messi in atto, Brusca ha parlato anche di un piano per uccidere l'attuale procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.

12,30 - "Fino all'attentato al giudice Falcone, l'obiettivo di Riina era di influenzare il maxi processo di Palermo.  Dopo di che subentrarono soggetti indicati in Marcello Dell'Utri e Ciancimino che volevano portare la Lega e un altro soggetto che non ricordo...a Riina". Lo ha detto il pentito Giovanni Brusca oggi in aula bunker a Firenze per il processo sull'attentato in via dei Georgofili che vede come unico imputato Francesco Tagliavia. "Fino all'ultimo attentato - ha concluso Brusca - Riina pensava di condizionare il maxi processo".

9,00 - Il processo al boss Francesco Tagliavia, imputato come 'coautore' delle stragi di Mafia del 1993 volge al termine e a salire sul banco dei testimoni arrivano a Firenze Giovanni Brusca, che sarà sentito oggi, e i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano (il 5 maggio).

Tramite la ricostruzione del ruolo di Tagliavia, la Procura sta cercando di ridisegnare i moventi e i mandanti esterni di quelle stragi, o quantomeno, di allargare gli orizzonti rispetto al processo condotto, sempre a Firenze, a metà anni Novanta. Per quanto riguarda i moventi, gli inquirenti cercano di capire il peso del carcere duro contro i mafiosi, quel '41 bis' che, nel periodo di massima strategia stragista subì varie revoche.

Sul fronte mandanti, si cerca anche di capire l'entità reale delle accuse rivolte dal pentito Gaspare Spatuzza a figure politiche quali Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri. Contro Spatuzza, Francesco Tagliavia non ha mancato di lanciare accuse, durante il processo in corso, definendolo "indegno". La pista che, attraverso Brusca e i Graviano, riconosciuti come colpevoli a vario titolo della bomba ai Georgofili, porterebbe ad Arcore è battuta sia dalla Procura di Firenze che da quella di Palermo. I Graviano, secondo le accuse mosse da altri mafiosi e rilanciate da Spatuzza, erano gli intermediari tra Berlusconi e Cosa Nostra.