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23/05/2011 08:41:33

"La filiera dell'agricoltura è in mano alle cosche"

Lo scrive oggi Gazzetta del Sud, prendendo spunto dal rapporto annuale del capo della Direzione Distrettuale antimafia, che a questo tema ha dedicato proprio un capitolo intero della sua relazione. "Un legame di natura storico culturale a cui si fa risalire la nascita stessa del fenomeno mafioso, per larga parte venuto alla luce proprio nelle campagne. Per questo motivo da sempre tra le altre cause di ritardato sviluppo, l'agricoltura meridionale sconta anche quello delle infiltrazioni di stampo mafioso" scrive Grassi. "E tale fenomeno oggi interessa l'intero territorio nazionale, attesa la capacità di Cosa nostra, camorra e ndrangheta, presenti ormai in forma di impresa, di espandersi verso il Nord, seguendo le direttrici del trasporto e del commercio dei prodotti agricoli". Il capo della Dna si è occupato soprattutto delle strategie di controllo dei mercati relativi alla distribuzione del prodotto agricolo. Un settore oggetto di una nuova analisi, tenendo in considerazione le attività investigative sviluppate nel corso del 2010. "In buona sostanza - scrive Grasso - il procedimento in questione consente di comprendere come le organizzazioni mafiose siano in grado di controllare una filiera che va dall'accaparramento dei terreni agricoli, all'intermediazione all'ingrosso dei prodotti, dal trasporto allo stoccaggio fino all'acquisto e all'investimento in centri commerciali". "Il controllo ingloba - continua Grasso - ditte di autotrasporto, società di intermediazione commerciale dei prodotti agricoli, quote di consorzi che operano nei mercati all'ingrosso, officine autorizzate alla vendita e riparazione dei macchinari agricoli (e in tal senso si deve ricordare l'interessamento della famiglia Riina, nella persona di Salvo Riina, alla gestione di questo settore attraverso la società Agrimar che è stata sequestrata e confiscata), perfino le falegnamerie dove si costruiscono le cassette utilizzate per il trasporto dei prodotti ortofrutticoli". In Calabria la 'ndrangheta usa le stesse metodologie. Il controllo delle cosche si estende anche alla fase della raccolta dei prodotti della terra, nelle aree di maggiore produzione come la Piana di Gioia Tauro, realizzando lo squallido fenomeno del "caporalato" nel vasto mondo del lavoro nero, con parassiti che succhiano parte dei miseri guadagni a poveri diavoli, soprattutto nordafricani, costretti a condizioni lavorative disumane in cambio di paghe da fame. "È del tutto evidente - riflette ancora Piero Grasso - che la presenza mafiosa strozza il mercato, distrugge la concorrenza ed instaura un monopolio oppure un oligopolio basato sulla paura e sulla coercizione".