amministrativa. Ma a leggere bene le carte dell’inchieste degli uomini di Linares e Leuci, la sensazione è un’altra.
Innanzitutto, scopriamo che Pino Giammarinaro ha un soprannome, che la dice tutta: Pino “manicomio”. Perché non si sa mai da dove spunta, cosa combina, cosa ha in mente. E soprattutto, perché, con il potere che ha, quando vuole qualcosa, la ottiene.
Uno che lo chiama così, ad esempio, è Nino Ippolito, addetto stampa del Comune di Salemi (una volta amico di Giammarinaro, ora, per sua stessa ammissione, ha troncato questo rapporto).
Gli inquirenti citano un episodio particolare. Una telefonata di Ippolito con l’assessore di Sgarbi Antonina Grillo. E’ l’ottobre 2009. Giammarinaro sta andando in aeroporto a Palermo a prendere Sgarbi. Ha l’interesse a fargli firmare una delibera. Si tratta della designazione di un assessore quale rappresentante del Comune di Salemi all’interno dell’Unione dei Comuni belicini. C’è infatti un importante finanziamento in ballo. Sgarbi vorrebbe nominare il vicesindaco Favuzza, Giammarinaro un altro assessore, Calistro, fratello di sua moglie.
Più in generale, secondo la Questura di Trapani, o dipendenti del Comune di Salemi e i rappresentati politici informavano e consultavano, “con cadenza quasi giornaliera e sistematica” Giammarinaro, in ordine a “qualunque decisione politica da intraprendere concernente l’amministrazione cittadina”. C’è di più: lo informavano su tutta l’attività di Sgarbi, per ricevere direttive da Giammarinaro su cosa fare.
A quanto rivelato dalla polizia fanno da contraltare le parole di Sgarbi: Sgarbi: «E’ una macchina del fango. Salemi con me “libera et immunis”. Si fanno riemergere i fantasmi del passato per affermare l’opposto del vero. Quella di Salemi è stata ed è una grande rivoluzione, contrastata, com’era prevedibile, più dalla facile retorica dell’Antimafia che dalla effettiva capacità di condizionamento di Giammarinaro, pari a zero». Queste invece le parole di Nino Ippolito, addetto stampa di Vittorio Sgarbi: “Non ho mai appellato Pino Giammarinaro con la parola «manicomio», sebbene il soprannome fosse noto a tutti. Sono stato amico di Pino Giammarinaro. E lo sono stato con fierezza, pienamente consapevole delle vicissitudini giudiziarie che lo hanno riguardato. Le responsabilità penali sono personali. E, nonostante la furia forcaiola di certi antimafiosi di mestiere che vivono e si nutrono di sospetti, non si trasmette agli amici. Inoltre la pena nel nostro ordimanento, ha valore rieducativo, non contempla la morte civile di un individuo. Da tempo, quella con Giammarinaro, è un’amicizia troncata. Per mia scelta. Ed è, come ha ricordato lo stesso Sgarbi, di dominio pubblico"
Carlo Rallo