Non ha neanche 30 anni, ed è imputato per truffa aggravata allo Stato e violazioni urbanistiche davanti al giudice monocratico del Tribunale di Marsala. Con lui, imputati sono anche l’ex capo dell’ufficio tecnico del Comune di Salemi, Giuseppe Placenza, 54 anni, Stefano Angelo, 54 anni, tecnico comunale sempre a Salemi, e Francesco Caruso, 71 anni, direttore dei lavori di ristrutturazione di un immobile di proprietà di Francesco Giammarinaro, per il quale, secondo la Procura di Marsala, furono chiesti ed ottenuti indebitamente dei fondi pubblici che erano stati stanziati per la ricostruzione post terremoto del Belice (1968).
L’indagine che ha portato nel 2008 al rinvio a giudizio per Giammarinaro è partita da una segnalazione anonima. L'immobile finito nel mirino degli inquirenti si trova in Contrada Filci, a Salemi, e sarebbe stato realizzato in «totale difformità» dal progetto presentato per ottenere un contributo di circa 162 mila euro. Inoltre, la struttura non sembrava avere, a giudizio degli investigatori, le caratteristiche di una civile abitazione. Si sospettò che vi si volesse realizzare una struttura sanitaria privata. A condurre l'indagine è stata la sezione di pg della Guardia di finanza presso la Procura.
Al di là del fatto se verrà dimostrata o meno la truffa, il processo sembra filare dritto dritto alla prescrizione del reato. Il giudice è infatti cambiato due volte Roberto Riggio è subentrato a Silvia Artuso, che a sua volta aveva preso il posto di Annalisa Amato) e nel corso dell’ultima udienza (del 24 Maggio scorso) i legali di Giammarinaro non hanno prestato consenso all’utilizzo degli atti già acquisiti, e quindi si dovrà ricominciare a partire dalla prossima udienza (18 Luglio) tutto daccapo: produzione di documenti, testimonianze, eccetera.
A difendere gli imputati sono gli avvocati Paolo Paladino, Carlo Ferracane e Pino Pinna. Quest’ultimo è assessore a Marsala: rappresenta infatti la “componente Giammarinaro” nella Giunta del Sindaco Renzo Carini (Pdl).
Per Pino Giammarinaro la sicura prescrizione del processo del figlio è un pensiero in meno. E si che di preoccupazioni in passato Francesco gliene ha date parecchie. Lo racconta nell’indagine “Salis Iniqua”, il deputato regionale Pio Lo Giudice: “Una volta, nel 2008, parlando con il mio addetto stampa, Nino Ippolito, ho appreso che Pino Giammarinaro era preoccupato per suo figlio Francesco”. Perché? “Il ragazzo non lavorava”. Non è che il padre non avesse come mantenerlo, ma un figlio disoccupato è sempre una spina nel cuore per un genitore: “Sta tutto il giorno a casa e non fa niente” confida Giammarinaro all’amico Ippolito. Lo Giudice deve a Giammarinaro 200.000 euro. L’ex deputato regionale li pretende quale rimborso spese per averlo fatto eleggere nel 2008 all’Ars nella lista dell’Udc (questo secondo il racconto di Lo Giudice, naturalmente). Allora che fa? Pensa di assumere il giovane Giammarinaro nella sua segreteria politica. I due si incontrano, Francesco chiede informazioni: di cosa si tratta, quanto si viene pagati... Lo Giudice gli risponde: intorno ai mille euro al mese. Lo aspetta a Palermo, per cominciare a lavoare. Ma non se ne farà nulla. Per Giammarinaro quella cifra è un’offesa. Qualche tempo dopo Lo Giudice verrà a sapere che Francesco Giammarinaro addirittura si sentiva “umiliato” per quella retribuzione così bassa. Anche Pino Giammarinaro ci rimase male, e lo disse “con toni accesi”, sempre a Nino Ippolito: “Mio figlio deve essere pagato da Lo Giudice non meno di 5.000 euro al mese”.