A farlo fu Giuseppe Lumia, senatore del PD e componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia, nella relazione di minoranza della Commissione.
Lumia cita per 10 volte Pino Giammarinaro, burattinaio di lungo corso della politica trapanese, sotto accusa per riciclaggio, nei cui confronti lo scorso 17 maggio la Questura di Trapani ha ordinato il sequestro di beni per 35 milioni di euro gestiti occultamente dal 2001 al 2005 quando era sorvegliato speciale. E cosa dice Lumia? Praticamente invita ad aprire gli occhi, a stare attenti su Giammarinaro e alla sua influenza sulla sanità trapanese, e non solo.
“È rimasto accertato – si legge nella relazione - che Cosa nostra trapanese ha privilegiato l’avvio di rapporti con esponenti politici locali e regionali pianificando anche in taluni casi l’elezione diretta di suoi accoliti; basti pensare all’ex deputato regionale e sorvegliato speciale di pubblica sicurezza Giuseppe Giammarinaro”.
In Commissione, su richiesta di diversi commissari, sono emerse le infiltrazioni nel settore della sanità in provincia di Trapani. Tutto inizia con l’omicidio di un infermiere di Mazara del Vallo, Salvatore Capizzo, avvenuto il primo ottobre 2002. Un omicidio ancora irrisolto dal quale gli inquirenti hanno fatto partire le indagini dell’operazione “Salus iniqua” che ha portato al maxi sequestro. Dalla relazione della Commissione si legge che Capizzo è “risultato vicino al politico locale e sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, ex deputato regionale, Giammarinaro Giuseppe, candidato alle regionali del 2001 nella lista «biancofiore» a sostegno di Cuffaro”. Capizzo prima avrebbe favorito la latitanza dell’ex deputato Dc nel 1995, poi, fino all’uccisione, avrebbe fatto da prestanome per il Centro emodialisi mazarese.
A fronte di ciò Lumia nel 2006 invitava la Commissione ad “approfondire il sistema degli appalti gestiti dalle aziende sanitarie, il ruolo dei politici del livello del Giammarinaro nella intermediazione politica al fine di individuare i responsabili amministrativi, i dirigenti sanitari ed i primari e inoltre va verificata la gestione della sanità privata nel settore delle aziende di riabilitazione ed assistenziali”.
“Per le aste pubbliche – continua la relazione - veniva applicato il seguente sistema: Cosa nostra
controllava dall’esterno tutti gli imprenditori che erano ad essa asserviti e quindi presentavano offerte preventivamente concordate, per cui – nonostante le carte fossero regolari – era Cosa nostra a decidere a monte chi dovesse aggiudicarsi l’appalto”.
In commissione non si parlava di Giammarinaro solo per le presunte ingerenze nella sanità trapanese, ma anche perché “indicato da diversi collaboranti come persona già «vicina» alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo; in particolare al suo capo Francesco Messina Denaro detto «mastro Ciccio» e per questo sottoposto a misura di prevenzione antimafia personale”. E poi ci sono gli incontri con Totò Cuffaro: ”durante la missione della Commissione antimafia a Palermo, nell’audizione del presidente della regione Cuffaro, è emerso la frequentazione del presidente e del Giammarinaro mentre questi era sottoposto al provvedimento giudiziario, frequentazioni rivendicate con particolare orgoglio e convinzione. Si sottolinea inoltre che il Giammarinaro, candidatosi alle elezioni regionali del 2001 nella lista «biancofiore», ha potuto partecipare a tale competizione per un ritardo di circa un mese nella notifica del provvedimento giudiziario che lo sottoponeva alla misura di prevenzione di sorvegliato speciale”.
La relazione della Commissione parla anche del potere politico di Giammarinaro con l’inserimento di suoi uomini all’interno della giunta provinciale che in quel periodo era retta da Giulia Adamo: “è da notare che presso la giunta Adamo sono presenti i diretti riferimenti – perché da essi segnalati – dall’onorevole Costa, dall’onorevole Canino e dall’onorevole Giammarinaro e dall’onorevole Fratello tutti coinvolti in pesanti inchieste giudiziarie per collusioni Mafiose”.
Giammarinaro burattinaio, pallottoliere, acchiappavoti, “sua sanità”. Pino terremoto, Pino manicomio e tanti altri appellativi che nel corso degli anni hanno sintetizzato perfettamente il ruolo dell’ex andreottiano nello scenario trapanese e non solo. Esponente della vecchia “borghesia mafiosa”, una figura pericolosa, l’ha definito la questura di Trapani nell’ultima ordinanza. E prima ancora, come riporta la relazione della Commissione antimafia del 2006, quella di Giammarinaro è una figura che si è via via organizzata nel territorio “per stritolarne le istituzioni e lo sviluppo, e parliamo anche qui di esempi del passato, di figure che ancora oggi hanno un certo ruolo e una certa presenza”.
Francesco Appari