Un potenziamento di uomini e mezzi di controllo preventivo che è stato oggetto di una riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica e che arriva dopo le ultime dichiarazioni del «pentito» Stefano Lo Verso, «fedelissimo» di Bernardo Provenzano: nel 2006 la cosca di Bagheria aveva messo nel mirino Di Matteo e il deputato del Pd, Giuseppe Lumia, destinatari di un progetto di attentato.
Ma dietro la decisione di potenziare le misure di sicurezza per Di Matteo, è evidente, c'è qualcosa in più delle parole di Lo Verso, che sebbene considerate attendibili e riscontrate, risalgono al periodo in cui il boss ora collaboratore di giustizia era a piede libero e agli ordini di Giuseppe Di Fiore, il fidato «cassiere» di Provenzano. Nei verbali di Lo Verso, resi pubblici nei giorni scorsi, si parla di quel piano: «Fu Di Fiore a rivelarmi il progetto, ne parlammo durante un'udienza del processo "Grande mandamento", nel 2007. Io gli dicevo che il pm in udienza, Michele Prestipino, era davvero cattivo. Lui mi disse che ce n'erano di più cattivi. Mi parlò di Di Matteo e del progetto di eliminarlo quando sarebbe venuto in villeggiatura nella zona di Bagheria. Analoga decisione avevano preso per Lumia: pure lui aveva un villino nel Bagherese. Poi, però, non arrivò l'autorizzazione a procedere, così spiegò Giuseppe Di Fiore. Perché c'erano i processi in corso» e Cosa nostra non riteneva utile colpire il magistrato antimafia e il politico del Pd. Lo Verso era un personaggio di spessore in Cosa nostra: tra il 2003 e il 2006 ha ospitato a Ficarazzi, a casa della suocera, «Binnu» Provenzano e gli ha pure fatto da autista accompagnandolo a diversi incontri con altri capimafia.
Non è la prima volta che il pm Di Matteo è destinatario di «segnali» di attenzione da parte di Cosa nostra. Nel settembre 2008 uno sconosciuto riuscì ad avvicinarsi alla villa di famiglia del magistrato nelle campagne di Bagheria e, dopo essere stato scoperto dalla sua scorta, fuggì lanciando in aria un razzo di segnalazione. Mesi prima, un finto fioraio bussò a casa di Di Matteo, a Palermo, dicendo di dover consegnare una pianta: ma dopo l'invito a lasciarla al portiere, sparì nel nulla.
Tratto da: Giornale di Sicilia