Un’intervista a tutto campo in cui l’uomo più potente di Trapani, da sempre allergico a taccuini e telecamere, ricostruisce la sua vita personale e politica chiarendo punto per punto, dal suo punto di vista, le ombre che negli ultimi anni si sono addensate sulla sua figura.
A cominciare dalla storia che parla di rapporti di lavoro tra la sua famiglia e quella dei Messina Denaro: “Quei rapporti sono nati con mio nonno e da lui li ho ereditati. Lui li aveva come campieri. Ma quello che non si dice mai è che noi abbiamo subito anche la violenza mafiosa con il sequestro di un mio zio… la mia famiglia non è stata vittima meno di altri di Cosa nostra. La verità è che le politiche agrarie degli anni ‘60, con l’occupazione delle terre, non hanno aiutato i contadini, ma dalle nostre parti hanno aperto le porte alla mafia. Spero che questo ‘mascalzone’ di Matteo venga presto preso. Per il resto quella è una storia chiusa”.
Ma nell’intervista si parla di tante persone: dall’ex presidente del Trapani calcio, e oggi collaboratore di giustizia, Nino Birrittella, suo grande accusatore, all’ex presidente della Provincia Giulia Adamo, dal sindaco di Trapani Girolamo Fazio ai presunti rapporti con il boss Francesco Pace, con il quale invece D’Alì nega di aver avuto contatti.