“Ferrantelli mi fece capire che se avessi votato favorevolmente per la variante, avrei potuto indicare qualcuno da assumere al centro commerciale” ha dichiarato uno dei tanti politici chiamati a testimoniare, il consigliere comunale Nino Genna.
Ferrantelli dal canto suo ha sempre sostenuto che è vero che “tifava” per l’approvazione di quella variante, ma perché la considerava un obiettivo politico: l’apertura del centro commerciale sarebbe stata secondo lui un volàno importante per lo sviluppo della città. “Mi sono sempre mosso in quest’ottica – ha dichiarato – sin dall’inizio. Ma quale corruzione… Non ho mai accettato compensi né posti di lavoro. Anche perché la realizzazione del centro commerciale non era una cosa che si sarebbe fatta subito, una volta approvata la variante…. Anche se avessi voluto, avrei mai potuto accettare la proposta di eventuali posti di lavoro per un centro commerciale ancora tutto da realizzare?
Questa vicenda spiega bene quali interessi si muovono oggi dietro la creazione di centri commerciali come di stabilimenti, di capannoni industriali come di centri alberghieri.
Ma il dato che rende ancora più unico il caso di Marsala, è che, sulla carta la città un’area artigianale ce l’ha. E anche un’area industriale.
La prima si trova nella immediata periferia, tra Via Vita e Contrada Amabilina. Ed è un esempio di abbandono record per un’opera pubblica in Sicilia. Perché è stata ultimata nel 2008 ed è già diventata una discarica di amianto e immondizia, tutti i tombini divelti, i marciapiedi distrutti, bruciati i pali della luce.
Una superficie di circa 12 ettari pronta ad ospitare 45 attività artigianali . Mai viste. Eppure nel progetto si prevedevano “capannoni a schiera suddivisi in quattro distinti lotti a superficie variabile da 800 a 1.050 metri quadrati”.
Ad eseguire i lavori è stata l'impresa Attilio Grassi di Catania, capofila di un'Ati che si è aggiudicata l'appalto offrendo un ribasso del 7,32 per cento su una base d'asta di 2 milioni e 644 mila euro.
Ma il costo è stato notevolmente superiore. Ai tre milioni concessi dalla Regione Siciliana, il Comune ha, infatti, aggiunto un milione e 750 mila euro.
Oggi questa area artigianale è totalmente abbandonata.
Come mai? “Contiamo di vendere al più presto i lotti” ripetono i tecnici del Comune. Ma la realtà è un’altra. E l’abbiamo già detta. A nessun imprenditore conviene investire su un’area artigianale da 90 euro al metro quadrato quando con la metà dei costi si può creare quello che si vuole in qualunque zona della città grazie alla compiacenza del consiglio comunale.
E che dire dell’area industriale della città? Questa, sulla carta, dovrebbe sorgere in Contrada Matarocco, tra gli storici vigneti che hanno reso grande il vino Marsala.
Il tempo per l’approvazione è stato da record. Una vergogna. L'iter per la nuova area industriale era stato avviato nel 1979, ma il progetto definitivo fu presentato nel giugno 2005. In precedenza, il primo traguardo era stato tagliato nel 1989, quando fu individuata l'area di Matarocco. Seguì una fase di stanca e soltanto verso la fine degli anni '90 si cercò di imprimere un'accelerata. Il Consorzio Asi e il Comune, infatti, stipularono un protocollo d'intesa nel 1999. Un atto con il quale, tra l'altro, si ampliava l'area a 190 ettari. Nel luglio 2000, però, ci fu il primo stop dell'assessorato al Territorio. Poi, l'iter si sbloccò, modificando il piano, con lo spostamento dell'area per evitare la scomparsa di alcuni vigneti di pregio. E a fine 2006, l'allora assessore al Territorio e Ambiente Rossana Interlandi garantì la «massima attenzione» del governo Cuffaro. Ciò nonostante, seguì un'ulteriore stasi, fino all’approvazione da parte della Regione nel maggio di quest’anno.
La speculazione – su un’area di assoluto valore paesaggistico per Marsala – sarà enorme. L’area industriale infatti interesserà 200 ettari di terreno, per ospitare 115 lotti industriali, dei quali 15 commerciali e 63 artigianali.
Sono previsti centri servizi, strutture pubbliche, zone ricreative. Ma tutto ciò non verrà mai realizzato. Perché nessuno sembra aver fatto mai caso al capitolo finale della relazione sulla realizzazione di quell’area industriale, cioè la parte relativa al “piano economico di attuazione”. I progettisti fanno alcuni conti facili facili: siamo in una zona di verde a destinazione agricola. Solo per gli espropri serviranno 12.700.000 euro. Poi servono 81 milioni di euro per la viabilità interna all’area, 14 milioni per le fognature. Aggiungiamo la rete elettrica, la realizzazionei dei parcheggi e del verde pubblico, la creazione degli edifici comuni. E arriviamo alla cifra di 146.700.000 euro. Una enormità. Anche perché sono stime del 2005, che vanno dunque rivalutate.
Ecco perché tutti sanno che l’area artigianale resterà com’è. L’area industriale non verrà mai realizzata (forse, guarda caso, verranno fatti solo gli espropri). Il piano regolatore prima o poi, per inerzia, potrà anche essere approvato. Ma gli affari d’oro degli speculatori continueranno, indisturbati.