E’ il caso dei vini prodotti da alcune cooperative siciliane di Libera Terra, che coltivano vitigni rigorosamente biologici nelle terre confiscate alla mafia.
“Libera Terra nasce nel 2001 con lo scopo di riutilizzare socialmente i terreni tolti alle mafie- spiega Francesco Galante, presidente della cooperativa sociale Placido Rizzotto, la prima a sposare il progetto- L’obiettivo è restituire valore alle terre confiscate puntando sulla loro produttività e sulla creazione di opportunità di lavoro legale”.
“Ovviamente- continua Galante- fare agricoltura secondo un modello di lavoro legale ha costi maggiori rispetto ad attività condotte in maniera meno che legale. Per questo, è ancora più importante creare valore puntando sulla qualità delle produzioni e sulla produttività del lavoro”.
Qualità delle produzioni e lotta per la legalità, sono quindi questi gli assi portanti del progetto Libera Terra. Un progetto divenuto anche un marchio che accomuna prodotti, rigorosamente biologici, coltivati nelle terre tolte ai boss mafiosi.
Si chiama invece Centopassi il marchio dei vini delle cooperative siciliane di Libera Terra. Un nome significativo che, ispirandosi all’omonimo film di Marco Tullio Giordana, ricorda la storia di Peppino Impastato, giovane siciliano che ha dato la vita nella lotta contro la mafia.
“Quella di Peppino Impastato- spiega il presidente della Placido Rizzotto- è una storia che rispecchia molto il nostro progetto. Così come ha fatto Peppino, vogliamo infatti percorrere una distanza simbolica per giungere a cambiare in meglio la nostra società, a scardinare l’incidenza mafiosa dal nostro territorio. E lo vogliamo fare attraverso questo nuovo modello di lavoro votato alla legalità, che comprende la giusta remunerazione del lavoro e il rispetto della naturalità del territorio. Nel caso di Centopassi, la lotta di Libera Terra viene messa in atto attraverso una produzione vitivinicola di eccellenza. Produrre eccellenza significa valorizzare al massimo questa lotta”.
E’ proprio questa la sfida di Centopassi: fare vini di alta qualità e, nello stesso tempo, ridare nuova dignità a terre e persone che meritano un futuro migliore.
Si può combattere dunque la mafia anche attraverso la produzione di un buon vino. In questo senso, Libera Terra non è l’unica realtà siciliana che ha messo le basi per una lotta, per così’ dire enogastronomica, contro la mafia. Ad affiancarla l’associazione Addiopizzo, nata nel 2004, che ha riunito tutte quelle realtà imprenditoriali, comprese quelle vitivinicole, che dicono pubblicamente no al pizzo.
E non sono da meno i volontari della Vendemmia della Legalità, che si sono riuniti nelle terre confiscate alla mafia di Salemi e Calatafimi per raccogliere le uve biologiche di Grillo e Inzolia. Un’iniziativa, quest’ultima, organizzata dalla Fondazione San Vito Onlus di Mazara del Vallo.
“Dal 2003 gestiamo socialmente alcune terre confiscate alla mafia- spiega Padre Fiorino, presidente della Fondazione San Vito- In queste terre abbiamo impiantato nuovi vigneti perché quelli che c’erano prima non erano più produttivi. Così ogni anno, quando è tempo della vendemmia, invitiamo i cittadini siciliani a darci una mano a raccogliere l’uva”.
“La Vendemmia della Legalità- continua Padre Fiorino- è un importante segnale di riscatto sociale. Il fatto che i siciliani riprendano in mano le terre un tempo utilizzate per attività criminose rappresenta un ulteriore passo della Sicilia verso la libertà e la giustizia”.
Un vino quindi, quello siciliano, che oltre ad acquisire sempre più connotati di qualità e pregio, svolge anche un importante ruolo sociale nella lotta alla mafia e nel riscatto di una Sicilia che è anche e soprattutto bellezza, cultura ed enogastronomia.
Pamela Giampino
*ndr: nella nomenclatura europea, i DOC e i DOCG nazionali vengono indicati con l’acronimo DOP (Denominazione di Origine Protetta), mentre l’IGT è sostituita dalla sigla IGP (Indicazione Geografica Protetta)