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19/10/2011 10:23:18

Trapani, scoperto un complotto contro il vescovo Miccichè. 13 indagati

Secondo quanto rivela Nicola Biondo sull'edizione giornaliera de L'Unità, punto cardine dei fascicoli aperti dalla Procura è un prete, Ninni Treppiedi, estromesso dalla curia trapanese dallo stesso vescovo Miccichè.  "Un prete disinvolto - racconta Nicola Biondo - con il pallino degli affari e amicizie altolocate". Sul registro degli indagati sono finite 13 persone per reati che vanno dalla frode informatica al furto, alla ricettazione. Il parroco trapanese è indagato per ricettazione, frode informatica e falso ideologico.  Treppiedi inoltre è accusato di aver trasferito dal 2008 a familiari e complici 172 mila euro dalle casse delle parrocchie sotto la sua gestione a Calatafimi e alcamo.  Poi c’è anche l’accusa di stalking nei confronti del Vescovo Miccichè. Al prete gli inquirenti hanno sequestrato un pc e documenti vari.  Indagati anche due giornalisti locali con l’accusa di diffamazione e calunnia (il corrispondente trapanese dell'Ansa e un collaboratore de Il Fatto Quotidiano). Secondo la procura avrebbero divulgato notizie false sulla gestione dei fondi della curia da parte di Miccichè.

Insomma, emerge il quadro inquietante di una campagna di stampa orchestrata per colpire gli avversari interni alla Chiesa, ma che ha coinvolto anche persone e personaggi esterni alla curia. Addirittura, secondo indiscrezioni, gli episodi di furto e ricettazione dei beni ecclesiastici porterebbero sino in Vaticano.

Ninni Treppiedi ha 36 anni. E' l'ex direttore amministrativo della curia trapanese. E' stato sospeso "a divinis" (anche se ha presentato ricorso). E' indagato per ricettazione, furto, calunnia, frode informatica, falso ideologico. E' accusato di aver trasferito ai suoi familiari 172.000 euro dalle casse delle parrocchie che gestiva tra Calatafimi e Alcamo. La Procura ha passato alla lente di ingrandimento almeno 20 rogiti di cessione di beni della Chiesa: vendite di cui Sua Eccellenza non sapeva nulla, nonostante ci fosse la sua firma, che agli inquirenti è apparsa subito troppo "fotocopiata" e dunque falsa.

Tra le accuse anche quelle di stalking: per un certo periodo alcune persone avrebbero inviato minacce e missive di ogni tipo al Vescovo di Trapani.

L'inchiesta della Procura dunque ribalta la notizia che era uscita sui giornali locali tempo fa, e che era proprio il frutto di quella che potremmo definire una specie di "macchina del fango": il Vescovo Miccichè era stato accusato di aver distratto fondi da due fondazioni della Diocesi di Trapani, la "Campanile" e "Auxilum" a vantaggio proprio e dei suoi familiari.  Secondo gli investigatori, queste accuse furono "dettate" alla stampa proprio da Treppiedi, silurato dal Vescovo.

Ecco l'articolo di Nicola Biondo:

Un prete disinvolto con il pallino degli affari e amicizie altolocate. Assegni per 172 mila euro sottratti a due parrocchie di paese, Alcamo e Calatafimi. Una campagna di stampa orchestrata per colpire gli avversari interni alla Chiesa. Indizi di una truffa milionaria ancora da scoprire È un sistema quello che emerge dalle indagini della Procura di Trapani che ha indagato 13 persone per reati che vanno dal furto alla ricettazione alla frode informatica. Un sistema - questo il suo tratto più caratteristico - che oscurava le proprie mosse addossando ad altri, in particolare al vescovo di Trapani Francesco Micciché, pesanti responsabilità nella gestione dei fondi della Curia utilizzando alcuni cronisti locali, indagati per diffamazione e calunnia, per propalare notizie false. Le indagini ancora in corso disegnano un complotto all’interno della Chiesa con l’ausilio di ambienti esterni alla Curia trapanese. Sono due fino ad oggi i filoni d’inchiesta: il principale riguarda gli autori materiali delle malversazioni, il secondo si riferisce ad episodi di diffamazione. Una connection che secondo indiscrezioni non si fermerebbe agli attuali indagati ma potrebbe risalire ad altri e più clamorosi episodi di furto e ricettazione dei beni ecclesiastici, le cui tracce in almeno un caso porterebbero fino in Vaticano.

Protagonista della vicenda un giovane sacerdote Ninni Treppiedi, 36 anni, ex direttore amministrativo della Curia e in strettissimi rapporti con l’attuale numero uno del Pdl a Trapani, il senatore Antonio D’Alì. Indagato per ricettazione, furto, calunnia, frode informatica e falso ideologico, Treppiedi è accusato di aver trasferito dal 2008 ai suoi familiari e complici, tutti indagati, 172 mila euro dalle casse delle parrocchie che gestiva tra Calatafimi e Alcamo. Tra le accuse anche quella di stalking nei confronti del Vescovo, atti compiuti da uomini del giovane parroco con missive anonime e minacce di vario tipo. Al religioso, sospeso a divinis da quasi un anno, gli inquirenti hanno sequestrato un Pc e svariati documenti. Ma nell’inchiesta non ci sono solo assegni.

La Finanza ha operato perquisizioni in un convento e in alcuni studi notarili trapanesi alla ricerca di atti di compravendita di immobili avvenuti quando Treppiedi gestiva l’ufficio amministrativo, prima di essere estromesso dal Vescovo. Sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori sono finiti così almeno una ventina di rogiti di beni della Curia venduti su cui risulta la firma del Vescovo Micciché. Vendite di cui l’alto prelato afferma di non sapere nulla. E, secondo alcune perizie, quelle firme sono tutte uguali, troppo uguali, come se fossero messe lì con un gioco di copia e incolla fatto al computer. Gli investigatori sospettano che il sistema-Treppiedi abbia in realtà gestito anche altre operazioni fraudolente, avvalendosi di notai, avvocati e funzionari di banca. E su questo le indagini continuano. Un prete ambizioso e dalle mille facce: oltre a D’Alì, sono noti i rapporti di Padre Ninni con il cardinale Franc Rodé a cui avrebbe regalato una potente auto. Il giovane religioso millantava anche una cattedra alla Lumsa, partecipava a riunioni politiche e più di una volta si è scagliato contro alcune trasmissioni (come Anno Zero) colpevoli di dare un’immagine negativa della provincia trapanese, da sempre terra di mafia e massoneria.

E si arriva così alla seconda tranche dell’inchiesta, quella che vede indagati lo stesso Treppiedi e due cronisti trapanesi, il corrispondente trapanese dell’Ansa e un collaboratore del Fatto, per i reati di diffamazione e calunnia. L’inchiesta odierna ribalta una verità che sui mass media, grazie ai due cronisti imbeccati dal Treppiedi, aveva conquistato le prime pagine. Una verità che voleva il Vescovo indagato per aver fatto sparire oltre un milione dalle casse della Curia, che lo accusava di aver acquistato per se e un familiare due prestigiose ville e di avere come autista un personaggio dal «robusto pedigree mafioso». Accuse false secondo i documenti oggi in possesso della Procura. Accuse - dice l’inchiesta - dettate alla stampa proprio da quel Treppiedi silurato dal Vescovo e oggi accusato di furto e ricettazione.

All’apparenza una storia di provincia. Ma tra gli investigatori c’è il sospetto che dietro i singoli reati non vi sia solo il denaro o l’ambizione di un prete disinvolto ma una precisa regia, i cui protagonisti, non ancora pienamente emersi dalle indagini in corso, appaiono gli stessi che da anni si scagliano contro i protagonisti più esposti della lotta antimafia a Trapani.