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24/10/2011 09:20:05

La Procura chiede il giudizio per D'Alì: concorso esterno in associazione mafiosa. Lui: "Sono sereno"

17,20 - Il presidente della Provincia, Mimmo Turano dichiara:“Pur non entrando nel merito dell’azione dei magistrati, sono certo, che il senatore d’Alì , persona che stimo sotto il profilo morale e intellettuale , sarà in grado di dimostrare la piena estraneità ai fatti che gli vengono contestati”.

17,00 -Il senatore Antonio d’Alì, così commenta la notizia diffusa oggi da alcuni organi di stampa sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura della Repubblica di Palermo: «Ancora una volta la stampa dà fulminea pubblica notizia di una richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Palermo che mi riguarderebbe, a me non notificata. Sono una persona onesta e perbene. Non avrei mai immaginato che a stabilire ciò dovrà essere il giudizio di un tribunale, oltre quello dei cittadini, che mi conforta, da sempre e con diverse espressioni manifestatomi. Ma va bene anche così».

10,00 - Lo aveva anticipato, circa dieci giorni fa, La Repubblica. Trova conferma ora la notizia che la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per il Senatore trapanese del Pdl, Antonio D'Alì, presidente della Commissione Territorio ed Ambiente del Senato. Lo annuncia Rino Giacalone in un articolo per Libera Informazione. La firma in calce al provvedimento è quella del procuratore aggiunto Teresa Principato e dei sostituti procuratore Paolo Guido e Andrea Tarondo.

L'inchiesta è stata lunga e tormentata. Il fascicolo su D'Alì è aperto da tempo.Un anno fa la procura aveva chiesto l’archiviazione dell’indagine, ma il gip Antonella Consiglio aveva respinto la richiesta e indicato nuovi elementi su cui lavorare. Le indagini sono passate dunque al Pm Andrea Tarondo, il magistrato che più di altri si è occupato della presenza mafiosa e dell’infiltrazione di Cosa nostra nelle istituzioni trapanesi.

La notizia è gravida di conseguenze non solo sul piano giudiziario e personale, ma anche su quello politico, perchè è inutile nascondere che sono tanti gli avversari di D'Alì fuori e dentro il Pdl che attendevano questa notizia per elaborare la loro strategia politica. Anzi, diciamo che per ora nessuno si è mosso concretamente in vista delle elezioni amministrative nel 2012 a Marsala e Trapani, perchè c'erano alcune variabili che devono essere risolte: l'eventuale caduta del Governo Berlusconi, il giudizio di incompatiblità tra cariche amministrative e parlamentari (emesso dalla Corte Costituzionale sabato, e che costringerà presto sindaci come Nicola Cristaldi a dover scegliere una delle due cariche che ricoprono), e, appunto, il possibile rinvio a giudizio  l'ex sottosegretario all'Interno.

Le indagini su D'Alì sono state chiuse a Giugno. Il senatore è difeso dagli avvocati Stefano Pellegrino e Gino Bosco che, ai tempi dell'avviso di conclusione delle indagini si dichiaravano "Sereni di poter spiegare ogni cosa ai magistrati".

D'Alì è esponente di una tra le famiglie più potenti della Sicilia Occidentale:  banchieri, politici e proprietari terrieri.  La parte iniziale dell’inchiesta ruota intorno alla figura del superlatitante Matteo Messina Denaro. Il numero uno della mafia trapanese  lavorò assieme a suo padre Francesco come campiere nei terreni di Castelvetrano della famiglia D’Alì. "Io da Messina Denaro ho ricevuto solo minacce" ha dichiarato D'Alì in una recente intervista.

Il gioielliere di Riina, il castelvetranese Geraci, ha raccontato anche ai magistrati di una presunta vendita fittizia di un terreno ai mafiosi, mentre altre vicende riguardanti il senatore sono emerse durante i processi per i lavori nel porto di Trapani appaltati (100 milioni di euro) per le gare della Coppa America del 2005. Negli atti c'è anche la storia dell’improvviso trasferimento da Trapani, nel 2003, dell’allora prefetto Fulvio Sodano, dopo che questi aveva stoppato il tentativo della mafia di riappropriarsi della calcestruzzi Ericina, una azienda confiscata al boss Vincenzo Virga.