Ma i tagli del governo alla Sicurezza colpiscono anche gli stipendi degli investigatori della Dia, l’organismo antimafia interforze voluto da Giovanni Falcone. Che, oggi, alle 15, sono scesi in piazza protestando davanti a Montecitorio, dichiarandosi anche loro, provocatoriamente, «in-Dia-gnados». «State uccidendo la Dia, il sogno di Falcone e Borsellino», si legge in uno striscione srotolato davanti alla Camera dai sindacati di polizia. «Il governo arresta la Dia», c’è scritto in un altro. «L’Esecutivo ha fatto della lotta alla mafia - dice Enzo Letizia, leader dei Funzionari - quasi uno spot pubblicitario, parlando di antimafia dei fatti. Nei fatti, però, ha lasciato la polizia allo sbando, senza fondi per benzina, strutture adeguate, addestramento. E ora di fatto disarma anche la Dia». La proteste degli investigatori antimafia è l’ultima in ordine di tempo che s’aggiunge a quelle di piazza dei giorni scorsi dei poliziotti. A quella clamorosa del Cocer carabinieri (ai quali pare siano state tagliate mille linee fax). E a quella dell’Esercito, il cui Cocer ha chiesto le dimissioni del governo.
Va detto che la Dia è un organismo investigativo molto particolare, difficilmente condizionabile dal potere politico in quanto composto dalle tre forze dell’Ordine, polizia, carabinieri e finanza. Grazie al loro lavoro sono stati sequestrati alle mafie beni per 6 miliardi e confiscati altri per 1,2 miliardi. Ma la scure dei tagli s’è abbattuta anche su questo fiore all’occhiello della lotta alla criminalità. «Dai 28 milioni di euro stanziati per la Dia nel 2001 - denunciano tutti i sindacati di polizia - siamo passati ai 15 di oggi. Il personale è stato ridotto a 1.300 unità rispetto alle 1.500 previste. E ora con l’ultima legge di stabilità è stato data un’ulteriore sforbiciata ai bilanci di 7 milioni di euro che prende dalle tasche degli investigatori dai 300 ai 600 euro al mese». Si tratta del trattamento economico aggiuntivo «messo a disposizione del Dipartimento - sostengono i sindacati in una lettera al ministro dell’Interno, Roberto Maroni - senza concertazione alcuna, dal direttore di nuova nomina». Di qui la richiesta di rimuovere dal suo incarico il dirigente Alfonso D’Alfonso.
«È venuto meno il rapporto di fiducia tra vertice e struttura - tuona Flavio Tuzi, il segretario dell’associazione ispettori di polizia Anip - chiediamo al ministro dell’Interno e al capo della Polizia l’immediata rimozione del direttore generale». «È una punizione», dicono i poliziotti, a chi invece «meriterebbe un premio». Da bravi investigatori, gli agenti della Dia sono andati a spulciare le pieghe del bilancio della Sicurezza, scoprendo - e suggerendo - possibili risparmi che il governo potrebbe fare prima di prendersela coi loro salari. «Una nota dolente del bilancio della Sicurezza - dicono - è il costo dell’immobile che ospita a Roma, in zona Anagnina, gli uffici centrali della Dia, della direzione centrale Antidroga, della polizia Criminale, il cui canone di locazione, esorbitante, ammonta a circa 17 milioni annui». Il riferimento è alla cittadella anticrimine del costruttore romano Renato Bocchi, sulla via Tuscolana, dove s’è trasferito 10 anni fa, fra le proteste sindacali, una gran parte del Viminale.
Ma «l’assurdità», per dirla con Giuseppe Brugnano, segretario regionale calabrese del sindacato indipendente Coisp, s’è raggiunta con l’ordine di servizio firmato dalla dottoressa Giuseppa Pirrello, dirigente della Sezione di Reggio Calabria del Dipartimento della polizia stradale, diretto ai poliziotti autisti della sottosezione di Palmi, Villa San Giovanni, Siderno e Brancaleone, di lavare le macchine da sè. Chi non lo fa, armato del «materiale idoneo» in dotazione dei commissariati («shampoo, spugna, scopa, panno, bidone aspiratutto»), rischia il procedimento disciplinare.
«Abbiamo chiesto al Dipartimento - spiega Brugnano - il ritiro di questa direttiva umiliante per il personale che non ha precedenti. Ci hanno promesso che sarà annullata». Ma ai poliziotti anti ’ndrangheta di Palmi arriva un’altra brutta notizia. «La Direzione centrale dei servizi tecnico logistici - scrive ancora la dottoressa Pirrello - non assicura l’invio e l’assegnazione di stivali invernali per la prossima vestizione invernale». La polizia di Roberto Maroni è senza soldi. Senza benzina. E senza scarpe.
Sui tagli alla Dia è intervenuta anche RosaCalipari del Pd, con un'interrogazione indirizzata al ministero dell'Interno: "Domandiamo se c'è un futuro per la Direzione distrettuale antimafia voluta da Falcone. Domandiamo se sulla sicurezza al di là delle parole ascoltate e dei tagli già effettuati, ci sia un impegno serio per l'adozione di misure coordinate e adeguati investimenti. Lo vogliamo sentire chiaramente".
"La criminalità organizzata - è scritto nell'interrogazione - ha un volume d'affari quantificato in 311 miliardi di euro nei 27 Paesi dell'Ue, classifica nella quale l'Italia è seconda, con 81 miliardi (...), ma ai proclami del Governo in tema di lotta al crimine organizzato hanno fanno riscontro una serie di tagli indiscriminati che hanno colpito le forze dell'ordine e gravemente compromesso la funzionalità dell'attività di contrasto al crimine, dando agli operatori di Polizia una sensazione di isolamento mai avuta prima, come dimostrano le sempre più frequenti proteste di piazza".
Il Pd sottolinea che tra le strutture maggiormente penalizzate in termini di risorse umane e professionali, figura la Dia fortemente voluta da Giovanni Falcone e istituita nel 1991. Ma nonostante la riduzione di fondi passati dal 2001 a oggi da 28 a 15 milioni di euro, grazie alla professionalità degli operatori Dia, sono in aumento i risultati conseguiti in materia di monitoraggio degli appalti e di sequestri che, dal 2009 al primo semestre 2011 hanno raggiunto l'importo di 5,7 miliardi di euro di beni sequestrati beni e 1,2 miliardi di euro di beni confiscati. "Lei ci deve spiegare, una volta per tutte, perché il Governo taglia e non investe sulla DIA" chiede la Calipari.
Sull’argomento oggi al question time della Camera il ministro dei Rapporti col Parlamento Elio Vito ha ammesso che i tagli alla Dia ci sono, ma ha anche precisato che non c’è alcuna intenzione da parte del governo di chiudere la struttura. La risposta non ha tuttavia soddisfatto Emanuele Fiano, responsabile Pd Sicurezza.
«I nuovi tagli alla Direzione Investigativa Antimafia ha dichiarato Fiano - destano in noi molti sospetti. La Dia, infatti, ha partecipato a importantissime inchieste: su Marcello Dell’Utri e i suoi rapporti con il mafioso Vittorio Mangano, sul cassiere del boss Matteo Messina Denaro, sulle infiltrazioni della Ndrangheta al Nord e su quella che ha portato alla richiesta di arresto per l’ex sottosegretario Cosentino. E pure su quella sull’omicidio del magistrato Borsellino. Non possiamo quindi non chiederci se ci sia una relazione tra queste delicate indagini e la scelta del governo di colpire una struttura che funziona così bene da essere ormai indispensabile per il contrasto al crimine organizzato».