Immediatamente, si scatena il contrattacco contro questa tremenda azione compiuta da Gesù, il cui comportamento rischia di scardinare il rigido e preciso cerimoniale col quale l’uomo doveva chiedere perdono a Dio. È la prima volta che Gesù s’incontra con un gruppo di scribi, ovvero i teologi ufficiali, ed è subito scontro. Quali custodi del testo sacro, gli scribi si ritenevano conoscitori e interpreti della Parola di Dio ed erano considerati possedere la competenza e l’autorità giuridica per spiegare la Legge, interpretarla ed applicarla.
Il condono dei peccati concesso da Gesù provoca la reazione stizzita e sprezzante degli scribi, che trovano incompatibile la facile assoluzione con la quale Gesù - che evitano di nominare (
Questo) - cancella i peccati dell’uomo, con l’insegnamento tradizionale da loro imposto. Secondo la religione giudaica, infatti, per ottenere il perdono dei peccati, che può essere concesso esclusivamente da Dio, gli uomini devono passare attraverso un rituale ben preciso che è prescritto dalla Scrittura (
“Il sacerdote farà per loro il rito espiatorio e sarà loro perdonato”, Lv 4,20) e soprattutto offrire un animale in sacrificio (Lv 4, 13-35). L’affermazione di Gesù suona perciò blasfema alle orecchie degli scribi che, come tutte le
persone religiose, sono totalmente refrattarie all’azione di Dio.
Contrariamente alla prassi religiosa, Gesù non chiede all’uomo se sia pentito delle sue colpe, e non lo rimprovera per i peccati. A lui non interessa quel che l’uomo ha fatto. L’azione di Gesù riguarda il presente dell’uomo e non il suo passato. Egli non si rivolge all’uomo con un rimprovero, ma con un incoraggiamento, e lo chiama
figliolo, un’espressione che denota intenso affetto e tenerezza.
L’azione di Gesù non consiste però, propriamente, nel
perdonare i peccati ma nel
cancellarli. Mentre il perdono dei peccati è una conseguenza dell’azione dell’uomo che, pentitosi, chiede perdono per il peccato e offre il sacrificio di riparazione a Dio,
cancellare i peccati è un’azione che compete soltanto a Dio, ed è gratuita.
È la differenza tra il
dono e il
merito sulla quale si basa la distinzione tra la fede e la religione. Se nella religione si esige la conversione come condizione per
meritare il perdono, nella fede la conversione è un effetto del
condono (dal latino
condonare, “concedere in dono”), gratuitamente concesso. Se nella religione l’accesso a Dio avviene dopo l’offerta di un sacrificio, nella fede Dio non pretende offerte ma è lui che si offre e chiede di essere accolto.
Gesù non perdona i peccati dell’uomo per le azioni di penitenza, di sacrificio, ma li cancella. Ugualmente, cancellare i peccati è un’azione che è dovuta alla grande generosità di Dio, un dono gratuito non dovuto ai meriti dell’uomo ma alla misericordia del Padre. L’evangelista sottolinea così la totale incompatibilità tra Dio e l’istituzione religiosa che pretende contenerlo, esprimerlo e rappresentarlo. Il gesto di Gesù è pericoloso per tutto il sistema religioso. Ha cancellato i peccati di quel tale senza nominare Dio! Il condono dei peccati al paralitico è per i difensori dell’ortodossia una bestemmia, un crimine meritevole di morte.
E Gesù vedendo i loro pensieri, disse: “Perché mai pensate malignità nel vostro cuore?”
Mentre nei portatori del paralitico Gesù
vede la fede, in questi scribi Gesù
vede la malvagità dei loro pensieri. La situazione del popolo è drammatica: quelli che essi credono pastori sono in realtà lupi rapaci. Gesù allora sfida gli scribi: “
Che cos’è più facile dire: Ti sono cancellati i peccati, o dire: Alzati e cammina?”
Gesù non affronta gli scribi su un piano teologico (la
bestemmia), ma su quello della vita. Dire:
“Ti sono cancellati i tuoi peccati” è facile, perché non è possibile verificare l’avvenuto perdono. Ecco perché Gesù non invita mai gli uomini a chiedere perdono a Dio, ma invita sempre a cancellare le colpe gli uni degli altri. Che l’uomo chieda perdono a Dio delle sue colpe, e che questi venga perdonato, non si può verificare. Ma che l’uomo cancelli le colpe di un altro nei suoi confronti, questo si vede. È il perdono concesso agli altri che rende efficace e visibile il perdono concesso da Dio.
L’unica maniera che rende quindi visibile la cancellazione del passato è un atteggiamento nuovo di vita. Per questo, all’invisibilità della liberazione interiore, non dimostrabile, Gesù oppone la visibilità della nuova vita, che sarà percepibile e constatabile:
Ora,
affinché sappiate che il figlio dell’uomo ha il potere in terra di cancellare i peccati, allora dice al paralitico: Alzati, prendi il tuo letto e va a casa tua. Ed egli alzatosi andò a casa sua.
Senza attendere nessuna risposta, Gesù passa all’azione e guarisce il paralitico, rivolgendogli, contemporaneamente, un invito particolare: egli lo invita a tornare a casa sua (
“alzatosi se ne tornò a casa sua”); non invita il paralitico a recarsi al Tempio per ringraziare, perché non è lì che avrebbe trovato il Padre.
Gesù non si è quindi limitato a cancellare all’uomo il passato di peccatore, ma gli ha trasmesso una forza vitale per una vita nuova, perché Dio è con Gesù e non con gli scribi. Non è lui che bestemmia, ma sono le autorità che bestemmiano. Il loro insegnamento non è altro che una bestemmia che deturpa il volto di Dio.
Gesù motiva il perdono concesso al paralitico con il potere che è stato dato da Dio al
figlio dell’uomo sulla terra: Gesù ha potuto comportarsi in questa maniera perché è il
figlio dell’uomo.
Nei vangeli
figlio dell’uomo è, dopo il nome proprio, la denominazione principale di Gesù. Il fatto che essa si trovi sempre in bocca a Gesù e attribuita a se stesso, ne lascia presumere l’importanza. Coglierne il significato è quindi essenziale per la comprensione della figura di Gesù e della sua attività.
Espressione semitica dal significato di “uomo”, “creatura umana”, ripresa dal
Libro di Daniele (7, 13-14), nel libro apocrifo di
Enoch appare in un’accezione particolare, che prelude alla sua interpretazione messianica. Gesù la riferisce a se stesso con quest’ultimo significato, preferendola al titolo di
messia, in quanto più adeguata a esprimere la peculiarità del suo messianismo:
figlio dell’uomo è colui che, avendo ricevuto lo Spirito di Dio, ha autorità divina e agisce in nome di Dio sulla terra, per effondere all’umanità una vita di qualità divina, che trasformi l’uomo interiormente, portandolo a scoprire la grandezza della sua dignità.
Con l’immagine del
figlio dell’uomo, gli evangelisti vogliono quindi indicare il trionfo dell’umano sul disumano, cioè la progressiva scomparsa di tutto ciò che ostacola lo sviluppo dell’uomo, e, di conseguenza, la possibilità per l’umanità di avanzare nel cammino della sua maturazione e pienezza. Nei vangeli, il
figlio dell’uomo indica colui che agisce in terra come Dio stesso, colui che rende presente il divino e la sua forza di vita nella storia umana, e per questo rappresenta il massimo dell’umanità, l’Uomo per eccellenza. In Gesù si realizza in pienezza la creazione dell’uomo, portandolo a una pienezza umana che include la condizione divina. La sua disposizione totale al dono di sé, il suo impegno di un amore senza limiti agli uomini lo portano al massimo delle possibilità umane e allo stesso tempo lo pongono in piena sintonia con la realtà divina, che, essendo amore (1 Gv 4,8), non può non comunicarglisi. Pertanto, il
figlio dell’uomo appare come il punto d’incontro tra il massimo dell’umano e la realtà di Dio, il luogo dove s’incontra e si fonde l’umano con il divino.
In quanto
figlio dell’uomo, il
messia, contrariamente alle attese del popolo, non sarà un leader politico, ma il detentore della pienezza umana e, con essa, della condizione divina. La sua missione è aprire agli uomini il cammino verso una pienezza come la sua. Gesù non è un sovrano al quale sottomettersi, ma il modello d’uomo al quale ognuno può aspirare.
A quella vista le folle furono prese da paura/timore e glorificavano Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.
L’evangelista sottolinea così il contrasto tra la reazione degli scribi e quella delle folle, e la distanza che esiste tra il popolo e la gerarchia religiosa.
Mentre per gli scribi Gesù è un nemico di Dio (
“bestemmia”), le folle si rendono conto di avere assistito a un evento che attribuiscono a Dio. Per questo l’evangelista scrive che
furono prese da paura/timore, espressione classica che nella Bibbia accompagna le manifestazioni divine, ma al tempo stesso le folle glorificano Dio perché:
“aveva dato un tale potere agli uomini”: le folle comprendono che la capacità di cancellare i peccati non è esclusiva del
figlio dell’uomo, ma è una possibilità per tutti quelli che come lui ricevono lo Spirito, per tutti quegli uomini
che agiscono come Gesù, come i discepoli, che verranno più avanti invitati a concedere illimitatamente il perdono (Mt 18,22). La pienezza raggiunta da Gesù non è un privilegio unico del
figlio dell’uomo, ma Gesù,
colui che immerge nello Spirito santo (Mt 3,11; Mc 1,8; Lc 3,16; Gv 1,33), comunica ad altri lo stesso Spirito che è in lui. L’impegno d’amore di Gesù, per quanto eccezionale e straordinario, è dentro le possibilità umane.
Figlio dell’uomo è Gesù in quanto figlio amato dal Padre; egli è colui nel quale risiede la pienezza dello Spirito, ma ogni uomo può tendere a diventare
figlio dell’uomo, modello dello sviluppo umano.
La partecipazione dello Spirito ricevuto da Gesù indica che altri uomini s’incamminano sulla via della pienezza umana, e che la denominazione
il figlio dell’uomo include anche loro.
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