Il mandante sarebbe stato Cesare Lupo, mentre Giuseppe Arduino lo avrebbe accompagnato in macchina presso i negozi da sottoporre ad estorsione. Un'altra imprenditrice, Maria Lo Verso, titolare della ditta 'Mobil Domus' di corso dei Mille e' stata avvicinata per versare il pizzo. E ancora, l'altra vittima designata e' Michele Trabunella, titolare dell'esercizio commerciale Discount Office con sede in via Buonriposo a Palermo. L'uomo e' stato avvicinato per "versare una somma che non e' stato possibile determinare", oppure il titolare di un atoscuola, Salvatore Caruso. Un'altra vittima e' Agostino Longo, titolare della omonima ditta di produzione di gelati e panna di via Messina Marine, costretto a versare la somma di settemila euro. Alcuni degli imprenditori e dei commercianti hanno denunciato di essere stati avvicinati da Cosa nostra, ma molti altri no. E oggi il Procuratore capo, Francesco Messineo, ha lanciato un nuovo appello affinche' i commercianti vittime del pizzo si rivolgano alle autorita' competenti.
14,40 - "Non e' davvero un caso che la mafia sia stata paragonata ad una piovra i cui tentacoli, anche se recisi, si riformano. L'importante operazione di oggi da parte della Dda di Palermo insieme a Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza dimostra che si stanno colpendo gangli vitali dell'organizzazione mafiosa che si dedica a sporchi affari di ogni genere per accumulare profitti illeciti e controllare il territorio". Lo dice senatore del Psi, Carlo Vizzini, presidente della commissione Affari costituzionali. "Proprio oggi nel colloquio con il nuovo ministro dell'Interno - prosegue - ho sottolineato la necessita' di concludere rapidamente il percorso legislativo in corso per istituire il reato di auto-riciclaggio, rendere piu' severo quello di voto di scambio politico mafioso e le norme che prevedono migliore e razionale utilizzo dei collaboratori di giustizia. Questo e' l'impegno da portare avanti - conclude Vizzini - per impedire che in una stagione di grave crisi economica aumenti il potere di una mafia che dispone di risorse illecite e che vuole ripulirle".
12,50 - Un boss andava a incontrare altri capimafia nel suo orario di servizio all'Amat, l'azienda comunale del trasporto locale di Palermo, della quale e' dipendente. E' uno dei dettagli che emergono dalle tre operazioni antimafia eseguite la scorsa notte da Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza con l'arresto in totale di 36 persone a Palermo. Il dipendente dell'Amat e' Matteo Inzerillo, nipote del boss Michelangelo La Barbera, e indicato come uomo d'onore della famiglia di Passo di Rigano, gia' coinvolto nell'indagine "Iron Tower". L'uomo, secondo gli inquirenti, era incaricato di mantenere i rapporti con altri esponenti del mandamento di appartenenza che incontrava anche durante l'orario di servizio e per di piu' utilizzando mezzi aziendali dell'Amat.
11.50 - Il mandamento mafioso di Branaccio teneva contatti con la 'ndrangheta calabrese secondo quanto emerge da indagini della Squadra Mobile culminate la scorsa notte nell'operazione "Araba Fenice" coordinata dalla Dda. E' emerso anche da intercettazioni telefoniche e ambientali che i vertici del clan di Brancaccio tessevano una fitta rete di relazioni che comprendeva anche esponenti di spicco della 'ndrangheta calabrese, come pure quelli di altre famiglie mafiose di Palermo. Sono stati monitorati dagli investigatori gli incontri che i boss tenevano per definire affari illeciti e questioni di comune interesse. In questi summit, come in altre circostanze osservate dagli inquirenti, sono stati registrati momenti di grave frizione tra le diverse anime di Cosa Nostra palermitana, ancora priva di una sicura figura carismatica di riferimento. Un vuoto di potere e di mediazione che potrebbe accentuare il rischio che i clan ricorrano alle armi per risolvere i loro contrasti.
9,45 - I nomi degli arrestati. I carabinieri, coordinati dal tenente colonnello Paolo Piccinelli e dal maggiore Antonio Coppola, hanno arrestato con i finanzieri della Valutaria, diretti dal maggiore Pietro Vinco, 15 mafiosi di Tommaso Natale: oltre a Caporrimo, Di Stefano e Li Causi, le manette sono scattate per Marcello Coccellato, Ugo De Lisi, Giuseppe Enea, Fabio Gambino, Andrea Luparello, Vincenzo Di Blasi, Sandro Diele, Filippo Pagano, Amedeo Romeo, Stefano Scalici, Giuseppe Serio, Antonino Vitamia. I poliziotti della squadra mobile, coordinati da Maurizio Calvino e Nino De Santis, hanno fermato a Brancaccio 17 persone: oltre alla sorella dei Graviano, Cesare Lupo, Antonino Sacco, Giuseppe Arduino, Antonino Caserta, Matteo Scrima, Michelangelo Bruno, Girolamo Celesia, Pietro Asaro, Natale Bruno, Giovanni Torregrossa, Filippo Tutino, Alberto Raccuglia, Antonino Lauricella, Pietro Arduino, Salvatore Conigliaro e Antonino Mistretta. I provvedimenti di fermo portano la firma dei pm Francesca Mazzocco, Caterina Malagoli e Vania Contrafatto.
I carabinieri del Ros, diretti dal tenente colonnello Fabio Bottino, hanno fermato invece quattro esponenti del mandamento di Passo di Rigano: Giovanni Bosco, Alfonso Gambino, Ignazio Mannino e Matteo Inzerillo, tutti partecipanti al summit del febbraio scorso a Villa Pensabene.
9,15 - Nella parte occidentale della città, fra Tommaso Natale e Resuttana, comandava un boss tornato in libertà da appena un anno, Giulio Caporrimo: la domenica, era spesso nella tribuna Vip dello stadio Barbera, grazie ai biglietti che gli procurava un suo insospettabile fidato, il gestore del bar dello stadio, Giovanni Li Causi, arrestato pure lui. Secondo la ricostruzione dei carabinieri del Nucleo Investigativo, Li Causi avrebbe tentato di piazzare ditte vicine a Cosa nostra negli spazi espositivi del nuovo centro commerciale del presidente del Palermo Maurizio Zamparini, in corso di realizzazione. I boss puntavano anche a gestire i lavori del nuovo stadio: il cantiere deve essere ancora aperto, ma già i boss cercavano di mettere le mani sui subappalti. L'indagine su Tommaso Natale è stata coordinata dai pm Francesco Del Bene, Gaetano Paci, Annamaria Picozzi, Lia Sava e Marcello Viola. Caporrimo e il suo clan puntavano a realizzare un grande locale sul mare di Sferracavallo, e per questo avevano bisogno di diverse autorizzazioni amministrative. Sembra che fossero già riusciti a contattare alcuni politici per trovare le giuste raccomandazioni.Fra gli insospettabili del clan di Tommaso Natale, il nucleo speciale di polizia valutaria della Finanza ha scoperto anche un pensionato dell'Amat, l'azienda trasporti della città: Calogero Di Stefano è un ex responsabile del movimento cristiano lavoratori, come lo era stato un altro boss, l'architetto Giuseppe Liga, in carcere ormai da un anno.
9.10 - Le indagini che hanno portato la scorsa notte a 36 arresti in tre diverse operazioni antimafia a Palermo hanno sventato un tentativo di ricostituire la 'cupola', la commissione mafiosa di Cosa Nostra. Un tentativo cui lavorava secondo gli inquirenti Giulio Caporrimo, il nuovo boss del mandamento di Tommaso Natale, gia' prima ancora di essere scarcerato, nell'aprile del 2010. Da detenuto, infatti, teneva rapporti con altri esponenti di vertice di Cosa Nostra in carcere, e aveva cosi' acquisito un'autorevolezza anche al di fori della propria zona di influenza. Caporrimo, uomo di fiducia di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, ha ereditato il ruolo e la strategia del precedente capo mandamento Giuseppe Liga, e ha riorganizzato i clan, designando i reggenti nelle varie zone di sua competenza, estendendo il suo potere sul territorio di Resuttana, intrattenendo rapporti e costanti contatti con altre famiglie mafiose come quelle di Pagliarelli, di Santa Maria del Gesu', di Passo di Rigano, di Palermo Centro, di Corso dei Mille.
Un summit decisivo e' stato monitorato dagli inquirenti il 7 febbraio scorso nel ristorante "Villa Pensabene" di Palermo, dove si erano ritrovati i piu' importanti boss su invito di Caporrimo, nel suo territorio e a sue spese: una consacrazione del suo nuovo ruolo apicale. Alla riunione, erano presenti Amedeo Romeo, Stefano Scalici, Andrea Luparello, in rappresentanza del mandamento di Tommaso Natale; Giovanni Bosco, e Alfonso Gambino, per il mandamento di Boccadifalco; Ignazio Antonino Mannino, uomo d'onore della famiglia di Torretta; Cesare Carmelo Lupo, Giuseppe Arduino, Antonino Sacco per il mandamento di Brancaccio; Giuseppe Calascibetta, per il mandamento di Santa Maria di Gesu', e poi assassinato il 20 settembre 2011 in un agguato; Salvatore Seidita, per la famiglia della Noce; Gaetano Maranzano, per la famiglia di Cruillas. In quel locale, aperto solo per i boss, si sarebbe discussa secondo gli inquirenti la riorganizzazione della struttura di vertice di Cosa Nostra.
9,00 - C'è un lungo film ripreso dalle videocamere spia che ritrae le ultime riunioni della Cupola mafiosa. I nuovi capi delle famiglie mafiose di Palermo si riunivano in una delle sale trattenimento più note della città, Villa Pensabene. Facevano grandi pranzi, con l'immancabile antipasto di ostriche e panelle, intanto discutevano del futuro di Cosa nostra siciliana.
8,45 - A Palermo arrestati anche due insospettabili nelle fila dei clan: un ex presidente del movimento cristiano lavoratori, Calogero Di Stefano, e il gestore del bar dello stadio Barbera, Giovanni Li Causi, che avrebbe tentato di far infiltrare i boss negli affari del presidente del Palermo Maurizio Zamparini.
8,30 - Tra gli arrestati c'è anche la sorella dei boss Giuseppe e Filippo Graviano, Nunzia Secondo i primi particolari emersi in realtà non si tratta di una sola operazione di polizia, ma di ben tre distinte operazioni interforze che hanno vanificato ancora una volta i tentativi di costituire la nuova "dirigenza" della famiglia mafiosa di Brancaccio.
8,00 - Trentasei persone ritenute esponenti di vertice delle famiglie mafiose incardinate nei mandamenti di Brancaccio, San Lorenzo, Resuttana e Boccadifalco sono state arrestate la scorsa notte a Palermo da Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza. Tutti gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti e altri reati.
E' tra l'altro emerso dalle indagini che i boss Giuseppe e Filippo Graviano, detenuti al 41 bis, continuavano a esercitare un dominio sul quartiere di Brancaccio, attraverso una loro sorella. Nell'operazione "Araba Fenice" sono stati scoperti gli attuali vertici operativi del mandamento di Brancaccio e i loro piu' attivi fiancheggiatori, soggetti che per gli inquirenti sono riferibili ai fratelli Graviano, una sorella dei quali rivestiva un ruolo di spicco. La Guardia di finanza ha da parte sua sviluppato l'indagine che il 22 marzo 2010 era sfociata nell'operazione "Architetto" con l'arresto, tra gli altri, di Giuseppe Liga, accusato di essere l'erede dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Con l'arresto di Liga, secondo gli inquirenti, si era affermato come 'reggente' del mandamento Calogero Di Stefano, diventato nuovo punto di riferimento della raccolta del "pizzo" e della gestione del gioco clandestino.