Per potere usufruire del contributo di solidarietà per ragazze madri o vedove con figli, pari a 500 euro al mese per dieci mensilità, infatti, le lavoratrici hanno lavorato per anni, quattro ore al giorno per cinque giorni alla settimana, a favore del Comune, ma ritenendo di avere diritto ad ulteriori emolumenti, avevano fatto richiesta al Comune e, non ottenendo riscontro, si erano rivolte ai legali. Il 23 dicembre il giudice del lavoro Caterina Greco, ha condannato il Comune a pagare un compenso orario di 5,76 euro per ogni ora di lavoro prestata, oltre alle indennità per assenze per malattia e maternità, con interessi e rivalutazione.
Il ricorso era stato presentato un anno fa: adesso il giudice ha accertato che c’è stato un rapporto di lavoro continuativo assimilabile a quello dei lavoratori socialmente utili tra l’Amministrazione e le donne che versavano
nelle condizioni di disagio alle quali era stato riconosciuto esclusivamente l’importo di 500 euro mensili pari al sussidio di solidarietà che, però, avrebbe dovuto essere concesso indipendentemente dallo svolgimento di attività a favore del Comune. Soddisfazione è stata manifestata dall’avvocato Culicchia.