Tanto meno dal Comune di Marsala che sempre più spesso ha utilizzato la pratica del silenzio-assenso che di fatto autorizza la costruzione di palazzine in ogni dove. Ma dove non controlla il Comune, ogni tanto lo fanno i cittadini.
Un gruppo di abitanti nelle vie Santa Lucia e Via delle Sirene, nel cuore del lungomare di Marsala, in questi giorni ha visto accolto dal Tar il ricorso che avevano avanzato contro la costruzione di una palazzina di sei piani sul lungomare di Marsala, dove sorgeva l’ex scuola Carpe Diem, in una antica abitazione, a trenta metri dal mare.
La tabella recita "Progetto di demolizione e ricostruzione di una casa". Ma pare che non sia esattamente così.
Lo scorso settembre la ditta Busetta Costruzioni inizia i lavori. Demolisce il vecchio stabile, solo pian terreno, e inizia a costruire la palazzina. Lo scheletro è già stato eretto. Lo vedete in queste foto. Proprietario è l'architetto Giancarlo Rizza, che p anche direttore dei lavori. Dal Comune di Marsala nessuno parla, la concessione edilizia viene tacitamente rilasciata. Ma la nuova costruzione ha il 35% di cubatura in più e mentre i vicini vedono negato il proprio diritto al cosiddetto “panorama”, gli altri cittadini si interrogano su come sia stato possibile autorizzare questi lavori.
Il limite della cubatura è evidente ad occhio nudo. Lì dove c'era una costruzione ad un piano, stava per essere costruito un immobile a sei piani. Eppure ben due perizie giurate dicevano che la volumetria era la stessa di prima. "Quando abbiamo fatto notare la cosa ai dirigenti del Comune - raccontano i vicini - ci hanno detto che era tutto a posto, perchè c'era l'autocertificazione...".
Dirigente del Comune di Marsala, in quel settore, è l'ingegnere Gianfranco D'Orazio.
C'è di più. La cubatura dell'ex Carpe Diem non poteva essere aumentata neanche di un soffio per una vicenda relativa al 1978. La signora Vitina Monteleone, madre del signor Rizza, aveva costruito un fabbricato di cinque piani adiacente l'area dove si vuole adesso costruire. Per avere più cubatura, la signora aveva pattuito con il Comune che avrebbe costruito il fabbricato, utilizzando anche i volumi che sarebbero spettati all'altra area. In pratica, secondo la concessione 302/84, quell'area rimasta libera dove insisteva la vecchia casa aveva un vincolo di "non edificabilità".
Il problema della cubatura tira in ballo quello della destinazione d’uso e del tentativo grottesco che è stato fatto per raddrizzare le cose. Secondo una legge regionale del 2010 (la versione siciliana del piano casa) è possibile aumentare la cubatura, ma l’immobile in questione doveva avere, per essere demolito e ricostruito pompato, la destinazione ad uso residenziale alla data del 31 dicembre 2009. La vecchia scuola non era destinata a uso residenziale. Nessun problema. Viene cambiata in ritardo, il 2 febbraio 2011. Inoltre l’aumento della volumetria contemplato nella stessa legge era del 20%, contro il 35 % attuato dai costruttori. Ancora: per aumentare la volumetria era obbligatorio costruire secondo i principi del risparmio energetico. Cosa che non è avvenuto. Piuttosto, come avviene a Marsala ormai troppo spesso, si è lavorato di notte, per fare presto. Ma non finisce qui: lo stesso piano casa prevede che l'allargamento è consentito solo ad tipologie di abitazioni uni o bifamiliari, cioè ad un complesso che non comprende più di due unità immobiliari, non certo per un palazzo di sei piani. I nuovi volumi, inoltre, non possono eccedere i limite di 200 metri cubi per l'intero corpo di fabbrica, e l'ambito di applicazione del piano casa non riguarda "le zone di rispetto dei parchi archeologici".
Dopo essersi rivolti inutilmente al Comune, al Tar i cittadini avanzano la richiesta di annullare la concessione edilizia per la costruzione della palazzina. Tra le ragioni presentate davanti al giudice amministrativo viene portata anche la questione della distanza dei trenta metri dal mare. E poi l’edificio ricadrebbe in zona archeologica.
Il Comune di Marsala si difende come può. “In quel punto non c’è nessun vincolo archeologico”. Avanza anche l’inammissibilità del ricorso “per carenza di interesse concreto ed attuale dei ricorrenti”.
Il Tar fa fare al Comune una magra figura senza precedenti. Boccia la difesa del Comune visto che i cittadini ricorrenti sono “titolari di una posizione giuridica differenziata, meritevole di tutela giurisdizionale, come comprovato dal fatto che, proprio per evitare l’incremento di cubatura oggi censurato, gli stessi hanno stipulato un apposito contratto con conseguente asservimento del fondo su cui insiste l’edificio da ristrutturare già nell’anno 1978”.
Inoltre scrive il Tar che “il Comune avrebbe dovuto negare la censurata concessione edilizia nei termini richiesti. La ricostruzione dell’edificio, quindi, seppur assentibile avrebbe dovuto essere autorizzata nei limiti della cubatura già posseduta”.
La sentenza è chiara. La concessione edilizia è stata annullata. I lavori adesso sono stati bloccati e il danno, per le inefficienze di chi dovrebbe controllare, rimane sotto gli occhi di tutti. Uno scheletro cementizio di sei piani. Proprio davanti all’altro del Monumento ai Mille.Con la speranza che, se il provvedimento verrà confermato anche in appello davanti al Cga, non bisogna aspettare trenta anni per il suo abbattimento.