L'alcamese Vito Nicastri, nel 1973 ha 17 anni e frequenta l'ultimo anno di ragioneria. Dopo il diploma inizia a lavorare come socio-agricoltore nella cooperativa “La gioventù”. Insieme ai suoi due fratelli inizia a lavorare come elettricista e idraulico in alcune aziende di installazione e manutenzione di impianti elettrici. Nel 2000 entra nel business della progettazione e della installazione di impianti per la produzione alternativa di energia elettrica (fotovoltaico ed eolico) per diventare uno “sviluppatore”, figura imprenditoriale tipicamente italiana. Nel giro di pochi anni è il leader nel settore a livello nazionale, ha realizzato il “miracolo italiano”.
Il 13 settembre 2010 la Direzione Investigativa Antimafia sequestra a Nicastri beni per un miliardo e mezzo di euro: 43 società, più di 100 tra terreni, palazzine, magazzini in provincia di Trapani, diverse automobili, 60 conti correnti, depositi, polizze assicurative.
Già nei primi anni novanta è stato coinvolto in una storia di corruzione e ne è uscito indenne raccontando le mazzette pagate ai politici per costruire impianti di energia solare. Nel 1999 un triestino di nome Eligio Zupin deve dei soldi a Nicastri, che prende l'aereo e lo va a trovare a casa. “Vedi che in Sicilia per pochi soldi c’è gente che è disposta ad uccidere” dice Nicastri all'uomo. Zupin si spaventa e quando Nicastri gli chiede di andare insieme a Montecarlo non oppone resistenza, anzi, mette a disposizione la sua auto. Arrivati nel Principato di Monaco Nicastri fa aprire al suo creditore un conto in una filiale del Monte Paschi di Siena, con tutte le autorizzazioni ad accrediti e ad addebiti. Da quel giorno non si sono più incontrati, in compenso il conto viene regolarmente utilizzato da buona parte della famiglia Nicastri.
Tra il 2002 e il 2006 ottiene il più alto numero di concessioni in Sicilia per costruire parchi eolici per un migliaio di megawatt, poi rivendute ai principali operatori del settore. Nel 2009 scatta l'operazione Eolo e svela i retroscena delle connessioni affaristico-mafiose per la realizzazione di alcuni impianti eolici nel territorio di Mazara del Vallo: il nome di Nicastri compare tra le compravendite delle società coinvolte nell’indagine.
Secondo gli inquirenti Nicastri sarebbe al centro di un triangolo dove i soggetti contraenti sono gli imprenditori, la politica e la mafia. L’organizzazione mafiosa (principalmente quella della provincia di Trapani, con una diramazione che arriva fino alla 'ndrangheta calabrese) autorizza l’impresa ad operare sul proprio territorio e il politico a gestire l’affare, ricevendone in cambio la tangente. Il politico garantisce alle imprese l’emanazione di tutti i provvedimenti amministrativi necessari ricevendone, in cambio, la promessa di tangente. Gli imprenditori pagano e realizzano gli impianti. Uno per tutti, tutti per uno.
Già nel 1994 Nicastri svelò ai magistrati della Procura di Palermo il grande business che ruotava attorno al fotovoltaico: aveva pagato tre miliardi delle vecchie lire al segretario particolare dell' assessore all'Industria Luigi Granata. Quei soldi servivano per catalizzare i finanziamenti che ruotavano attorno all'installazione degli impianti e finanziare le campagne elettorali del PSI. Grazie alle sue confessioni Nicastri ha patteggiato una condanna a un anno e sei mesi. Un altro contributo elettorale è fioccato nel 2008, questa volta nei confronti di Riccardo Savona, deputato regionale Udc e presidente della commissione Bilancio dell'Ars: tre bonifici da 5 mila euro. Capita, ognuno ha le sue simpatie elettorali.
Nell'informativa inviata al Tribunale di Trapani dalla Direzione Investigativa Antimafia c'è anche un piccolo paragrafo dedicato a Girolamo Turano, attuale Presidente della Provincia di Trapani.
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