L'udienza è fissata per il 16 marzo davanti alla corte d'appello per i minori, dato che all'epoca dei fatti Vincenzo Ferrantelli e Gaetano Santangelo avevano 17 anni. Al termine di un lungo iter giudiziario, passato attraverso 14 processi, Ferrantelli è stato condannato a 14 anni e Santangelo a 22. Ma, scarcerati tra un processo e l'altro, si sono rifugiati in Brasile. Alcuni anni fa erano stati individuati dalla polizia italiana e arrestati ma la richiesta di estradizione era stata poi rigettata dalla suprema corte brasiliana. In Sud America si sono formati una famiglia e avviato attività imprenditoriali: uno gestisce un maneggio, l'altro fa il costruttore. Come Gulotta, anche loro hanno ottenuto la revisione del processo quando la magistratura ha accertato che il loro accusatore, Giuseppe Vesco, aveva confessato sotto tortura di avere organizzato nel gennaio 1976 l'assalto alla caserma culminato con l'uccisione dei carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. A parlare delle torture è stato l'ex maresciallo Renato Olino, componente della squadra di investigatori guidata dal colonnello Giuseppe Russo ucciso l'anno dopo dalla mafia. Nell'udienza del 16 marzo del processo di revisione è stato chiamato a deporre lo stesso Olino e l'ex maresciallo Giuseppe Provenzano, stretto collaboratore di Russo, il quale avrebbe parlato in famiglia delle torture dei giovani sospettati di avere compiuto la strage con motivazioni terroristiche. Di queste confidenze c'è traccia anche in alcune intercettazioni: ne avrebbero parlato al telefono i figli di Provenzano, pure loro citati come testi. Provenzano è ora indagato con altri colleghi dalla Procura di Trapani che ipotizza per loro vari reati tra cui violenza e sequestro di persona. Gulotta, intanto, dopo l'assoluzione è tornato a Certaldo (Firenze) dove vive con la famiglia. I suoi difensori hanno ribadito che chiederà un risarcimento di 50 milioni per ingiusta detenzione.