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16/03/2012 05:12:59

Incendio a Campobello nella concessionaria dell'"amico" dei boss

E non potrebbe che essere così, perché le auto alle quali è stato appiccato il fuoco erano distanti almeno quattro metri l’una dall’altra. A dare l’allarme incendio erano stati alcuni passanti che hanno immediatamente avvertito il titolare della concessionaria di auto e i vigili del fuoco. Il posto non è video sorvegliato, e adesso gli inquirenti stanno cercando di capire il movente dell’attentato incendiario proprio concentrandosi sulla vita di Andrea Moceri, 54 anni di Campobello, titolare dell’ “Autoinnovazione”. Interrogato dopo l’accaduto Moceri non è riuscito a dare elementi utili alle indagini. L’imprenditore campobellese è già conosciuto alle forze dell’ordine e non è la prima volta che subisce un fatto del genere.
Nel 2004 Moceri finì in manette con l’accusa di usura. Tre anni più tardi le Fiamme Gialle misero i sigilli a quattro sue aziende nel settore automobilistico, tra cui la “Mocar”, e della ristorazione. Nonché ad immobili, quote sociali ed altro, per un patrimonio totale di 7 milioni di euro. Moceri è anche sotto processo al Tribunale di Marsala sia per usura che per riciclaggio di denaro. Ci sarebbe anche l’ombra della mafia nelle vicende che riguardano l’imprenditore. Il suo nome infatti spunta nelle carte della DDA di Palermo sull’operazione Campus Belli che ha portato all’arresto di 11 persone il dicembre scorso, tra cui il sindaco di Campobello Ciro Caravà, accusate di essere appartenenti alla cosca mafiosa vicina al boss latitante Matteo Messina Denaro.

Dalle intercettazione emerge che proprio la "Autoinnovazione" sarebbe stata luogo di incontro tra due degli arrestati nell'operazione, Cataldo La Rosa e Vito Signorello.


Il nome di Moceri, che non è indagato, spunta anche nell’analisi della Procura sul ruolo in seno alla cosca dell’anziano boss Leonardo Bonafede. E per la DDA i rapporti con con gli uomini del clan erano molto stretti. I fatti risalgono al 2006, e vede una concessionaria di Moceri ancora coinvolta in un raid. All’anziano boss, in una telefonata intercettata, Moceri racconta cosa gli è stato combinato: “Stamattina, una mattinata , stanotte .. da stamattina presto.. spiazzarono tutte cose, hanno combinato un macello. Si sono presi computer, cose che un sistema nervoso ti mangia .. poi.. poi.. Cose che non hanno senso, cose che non hanno senso, perché hanno rotto pure la macchinetta del caffè per prendersi i venti euro del caffè.. Te lo dicevo per dire, và .. Poi hanno combinato una macchina “pedacchiata” (presa a calci) ..poi hanno ammaccato delle macchine .. Ed è una mattinata che mi fanno combattere, oggi dovevo andare fuori, che avevo una riunione importante, e non ci sono potuto andare, ed è una mattinata che mi fanno combattere. E non solo: si sono rubati anche una macchina! Si sono presi una macchina nuova ed hanno smontato la targa da un’altra macchina. Come si deve campare? Come si deve campare, picciotti? Hanno tolto .. a me .. poi .. Tutto questo macello .. foto di.. un nodo di Carabinieri là dentro”. L’intercettazione per la procura è utile per capire il ruolo di vertice all’interno della famiglia di Bonafede. Moceri si rivolge all’anziano boss per risolvere le cose. Bonafede dice che chiamerà “i picciotti” per ritrovare l’auto rubata e consiglia a Moceri di interpellare anche “Aspano” Lipari, altro uomo di riferimento della cosca campobellese. Lo spiegamento di forze ha avuto effetto. Poche ore dopo l’auto rubata viene casualmente ritrovata nelle vicinanze della conessionaria.