Lo ha deciso, respingendo la richiesta del procuratore generale Luigi Patronaggio, che aveva chiesto la riapertura del dibattimento, la Corte d’appello di Palermo.
Alla prossima udienza, fissata al 28 maggio, dunque, l’accusa comincerà la requisitoria. I giudici, dunque, non hanno ritenuto rilevanti ai fini della decisione le rivelazioni dell’uomo d’onore che per un certo periodo gestì la latitanza del boss Bernardo Provenzano: il collaboratore, in una serie di interrogatori, resi alla procura e trasmessi al pg aveva parlato delle “amicizie mafiose” di Cuffaro. Già condannato a 7 anni con sentenza definitiva per favoreggiamento aggravato alla mafia, l’ex governatore siciliano é finito sotto processo con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa: imputazione da cui il gup, in primo grado, lo ha assolto con la formula del ne bis in idem. Da qui l’impugnazione della procura e il processo d’appello in corso.