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11/05/2012 06:05:05

Chi ha dato a Provenzano il sacchetto di plastica per tentare il suicidio? E' stata una messinscena?

 testa, gli hanno ordinato di suicidarsi e lui non e' stato in grado, o non ha voluto. Se non e' andata cosi', si vuole pentire".
  L'analisi del presunto tentativo di suicidio di Bernardo Provenzano e' di Francesco Marino Mannoia, il pentito che l'anno scorso, dopo una permanenza negli Stati Uniti durata vent'anni, e' tornato in Italia

09,00 - «Chi ha dato al detenuto il sacchetto di plastica?».

 E' questo il vero interrogativo sul giallo che ha tenuto banco ieri sera in Italia: il tentato suicidio, in cella, a Parma, di Bernardo Provenzano. Ci ha provato mercoledì notte, lo abbiamo saputo ieri sera. Provenzano, da tempo malato e depresso, avrebbe infilato la testa in una busta di plastica mentre era a letto. 
A salvarlo è stata una guardia carceraria, accortasi del fatto durante un controllo e intervenuta evitando la tragedia.L'episodio non ha avuto conseguenze su Provenzano, che non è stato neppure portato in ospedale.

Le condizioni del boss sono definite «buone» compatibilmente con lo stato di salute di un malato di 79 anni.

Bernardo Provenzano, che  ed è detenuto dal 2006 in regime di 41 bis (il carcere duro), sta scontando le sue condanne all'ergastolo nella sezione protetta del carcere di Parma.


Misterioso anche il movente. «Due periti nominati recentemente dalla Corte d’assise di Palermo hanno detto che Bernardo Provenzano non era depresso e stava bene: a questo punto o hanno visitato un altro o si doveva prestare più attenzione alla perizia. E comunque, in ogni caso, chi ha dato al detenuto il sacchetto di plastica?», chiede l’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale del capomafia.
L’avvocato fa notare che da anni, da quando altri mafiosi al 41 Bis tentarono il suicidio, ai detenuti al carcere duro non è consentito tenere alcun oggetto pericoloso in cella. «Come è - si chiede - che nessuno si è accorto della presenza del sacchetto visto che Provenzano è l’unico detenuto del braccio in quel carcere e che è continuamente sorvegliato?».
Il difensore ha appreso del tentativo di suicidio dai giornalisti, ieri sera. «Nessuno, né dal carcere, né dall’Autorità giudiziaria - spiega - mi ha avvertito anche dal fatto sono ormai passate 24 ore. A dare la notizia al figlio sono stata io pochi minuti fa: era sconvolto». Oggi era fissata, in Corte d’assise d’appello, un’udienza
in cui Provenzano è imputato di omicidio.

Secondo il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il boss avrebbe solo simulato il suicidio, con un piccolo sacchetto utilizzato per conservare i farmaci. Provenzano, spiegano fonti all'interno del Dap, è stato sottoposto recentemente a perizie che hanno stabilito che è in grado di intendere e di volere, ma già da giorni avrebbe cercato di dimostrare la sua pazzia. Ieri il boss diceva di non riuscire a sedersi e di non trovare la sedia.

Ma il caso è comunque aperto: sulla vicenda interviene anche il sindacato di polizia penitenziaria Osapp, il quale sottolinea che il tentativo di suicidio del boss "è stato sventato solo grazie alla solerzia degli uomini del Gom della polizia penitenziaria, la sola, ormai, rimasta a fronteggiare la disfatta del sistema carcerario italiano". Il segretario generale Leo Beneduci accusa: "Anche in questa occasione, che accende di nuovo i riflettori sugli istituti di pena, resta la nostra denuncia forte sulla disastrosa situazione nella quale versano gli istituti penitenziari italiani: sovraffollati, malmessi e privi di adeguato personale"


Numerosi, nei mesi scorsi, gli appelli dei legali del boss: «È molto malato, rischia la morte ogni giorno. Basta col 41 bis. Venga detenuto ma in condizioni civili». Oltre alla recidiva di un cancro alla prostata, una ischemia - hanno riferito più volte i suoi legali - gli ha distrutto parzialmente il cervello. I tremori e  i movimenti rallentati, dicono inoltre, sono quelli tipici di una sindrome parkinsoniana.
A sollecitare l’attenzione sulle condizioni di salute di Bernardo Provenzano anche il figlio primogenito del boss, Angelo, di 36 anni. «Noi chiediamo - aveva affermato - che mio padre venga curato. Prima di tutto è un detenuto. È vero che sta pagando meritatamente o immeritatamente, ma rimane sempre un cittadino
italiano: sarà stato capo di Cosa Nostra ma stiamo parlando di un essere umano».
Provenzano Jr. aveva aggiunto: «Io mi rendo conto che molta gente potrebbe alzarsi e dire: “Per quello che ha fatto merita questo e altro”. A tutti dico però
se mio padre è quello che è, e ci sono delle verita processuali che lo affermano, ora è arrestato: c’è un posto vacante. Chi si sente di far parte di uno Stato che non applica i diritti può prendere posto su quella poltrona».