Dopo soli dieci giorni dalla sua rielezione Di Marzo è tornato ad intascare mazzette, come hanno appurato gli inquirenti dalle dichiarazioni rese dallo stesso corruttore, Ernesto Emmolo, finito anche lui ai domiciliari. Ma gli episodi raccolti dai carabinieri sono tanti, tutti ancora sotto la lente d’ingrandimento per vedere cosa è prescritto e cosa no.
Oltre a Emmolo una fonte importante per le indagini è stato Matteo Bucaria, imprenditore trapanese che è stato ascoltato dai pm il 14 novembre scorso. Le dichiarazioni di Bucaria portano al passato. A quell’operazione di dieci anni prima, quando i due Messina tenevano sotto ricatto gli imprenditori che si aggiudicavano gli appalti. Di Marzo, intercettato nel dicembre 2001, interviene direttamente per convincere l’imprenditore a pagare le rate (5 milioni di vecchie lire) dell’estorsione posta dai Messina. Gli fa pesanti minacce, questo emerge dalle carte. Gli prospetta sia l’incendio o il danneggiamento dei mezzi operativi, sia la messa in campo, da parte dei Messina e con l’ausilio dei suoi poteri amministrativi , di intralci burocratici nel pagamento degli stati di avanzamento dell’appalto gestito da Bucaria, nonché ipotetiche denunce ai carabinieri per l’anomala gestione di pregressi lavori di appalto. Bucaria sarà uno dei pochi disposti a parlare al processo. Processo che vede l’assoluzione in secondo grado del sindaco pantesco. Tra l’altro Di Marzo si era proposto di restituire le somme pagate come “pizzo” da Bucaria. Cosa che poi è successa con Emmolo.
Bucaria per gli inquirenti è molto attendibile. Anche grazie a lui si riesce ad scoperchiare quello “squallido malaffare in capo a chi del pubblico potere sembra aver fato, e non da ora, mercimonio economico”. L’imprenditore trapanese afferma di aver pagato tangenti a Di Marzo per tutti i lavori vinti dal 1994 al 2000. Versamenti che facevano tutti gli imprenditori edili che operavano sull’isola.
Bucaria racconta che allora chi distribuiva gli appalti per conto di Di Marzo e che per tale compito era stato “esonerato” dal pagamento delle tangenti era Vito Emmolo, imprenditore alcamese, figlio di Francesco e nipote di Ernesto Emmolo. Vito Emmolo doveva essere ascoltato dai pm, ma le sue condizioni di salute non hanno permesso la deposizione.
Era una tassa da cui non si poteva scappare. Bucaria riferisce di aver pagato regolarmente tangenti a Di Marzo e al geometra Giuseppe Gabriele. Un vero e proprio sistema che prevedeva che per ogni appalto andassero al sindaco dal 3 al 5% del totale. “Il denaro – racconta sempre Bucaria - veniva distribuito nelle mani di Di Marzo o Gabriele”.
Colui che curava la distribuzione tra le imprese era Vito Emmolo. Bucaria conosce gli Emmolo, sia Vito che lo zio e il cugino assunto da Di Marzo al Comune dietro pagamento di una tangente da 10 mila euro e un gioiello. “So per certo – dice Bucaria - che l’ingegnere Emmolo è stato assunto al comune grazie ai favori fatti da Ernesto Emmolo al sindaco durante l’ultima campagna elettorale. È infatti voce comune e diffusa che l’imprenditore abbia sostenuto economicamente Di Marzo per la campagna elettorale”. Poi l’imprenditore trapanese fa il confronto che sintetizza come stavano le cose quando operava sull’isola: “A Trapani si pagava la mafia, in particolare gli uomini di Vincenzo Virga. A Pantelleria la ‘mafia’ era il sindaco Di Marzo e la sua corte, ossia il geometra Gabriele”.
Bucaria negli anni ha consegnato a Di Marzo mazzette per un centinaio di milioni di lire e i lavori per i quali ha fatto ciò sono stati tutti quelli appaltati sull’isola. Per quello relativo alla rete d’illuminazione ad esempio, ricorda ai pm, ha consegnato la somma in contanti di 10 milioni di lire al geometra Gabriele. “Anche l’ing. Giovanni Giacalone e l’arch. Martellucci pagavano Gabriele quando riscuotevano il compenso per l’esecuzione degli incarichi da progettisti.”
Le dichiarazioni di Bucaria sono fondamentali per gli inquirenti. Fotografano come stavano le cose sull’isola. Un’economia piccola e precaria già di suo inquinata dalle mazzette. Le informazioni raccolte dalla Procura, per il Gip che ha emesso l’ordinanza di custodia ai domiciliari per Di Marzo ed Emmolo, “descrivono il quadro di abitualità alla corruttela da parte di Di Marzo”. Il sindaco di Pantelleria, scrive sempre il Gip, sarebbe un “soggetto dedito sistematicamente a condotte corruttive concussive”. Intanto Di Marzo è comparso davanti al gip di Marsala ma si è avvalso della facoltà di non rispondere e rimane agli arresti domiciliari.
Francesco Appari