Oggi testimonieranno davanti i giudici della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani due ex uomini d’onore: Nino Giuffrè, ex boss di Caccamo, e Angelo Siino, colui che venne definito il “ministro dei lavori pubblici” di Cosa nostra. “Aiutava ed era aiutato da Cosa nostra e dalla sua ha anche il fatto di essere un massone” ha riferito in fase d’indagine Siino. Giuffrè ai magistrati raccontò, tra le altre cose, di una conversazione avuta a metà degli anni novanta con l’allora capo dei capi Bernardo Provenzano. È estate. Giuffrè e Provenzano parlano degli altri mafiosi e dei posti che questi hanno scelto per la villeggiatura. Giuffrè si sofferma su un latitante e le sue vacanze in un villaggio Valtur, a Finale di Pollina tra le province di Messina e Palermo. Provenzano gli dice: "se ci vuoi andare non ti devi fare problemi perché 'stu discorso della Valtur lo abbiamo noi nelle mani". La Valtur è in mano alla mafia, disse Provenzano.
Per Patti le accuse sono pesanti. Gli affari che concludeva sarebbero stati poco chiari. Di mezzo ci sarebbe stata la mafia. Avrebbe avuto legami molto stretti col super latitante Matteo Messina Denaro. Ad accusare Patti, oltre Giuffrè e Siino,, c’è anche Giovanni Ingrasciotta, diventato collaboratore di giustizia dopo essere sfuggito ad un agguato mafioso. Ingrasciotta avrebbe raccontato di aver assistito personalmente ad alcuni incontri tra l’imprenditore di Castelvetrano e il suo concittadino Matteo Messina Denaro nel periodo in cui il boss si era già dato alla latitanza. Incontri di rilievo, racconta Ingrasciotta, in cui si sarebbe parlato di affari molto importanti. L’impero di Patti, secondo gli inquirenti sarebbe stato creato attraverso attività illecite. Dagli accertamenti fatti è emersa una sperequazione tra redditi dichiarati e investimenti effettuati. Inoltre Patti, sempre secondo quanto hanno dichiarato a suo tempo i collaboratori di giustizia, sarebbe stato vicino a Francesco Messina, cassiere della famiglia di Mazara del Vallo.
Francesco Appari