Imputati, nel rito ordinario, sono Giuseppe Barraco, di Marsala, esponente storico dei clan, Giuseppe Gennaro, affiliato alla famiglia mafiosa di Calatafimi, Giovan Battista Agate di Mazara del Vallo, fratello dello storico boss Mariano Agate, e Vincenzo Salvatore Onorio di Gibellina. Il processo si svolge di fronte al tribunale di Marsala.
Per loro sono stati chiesti complessivamente 73 anni di carcere.
L'operazione "Nerone" è del 16 Febbraio 2010. Il blitz impegnò 100 Carabinieri che hanno operato contemporaneamente nelle località di Gibellina, Mazara del Vallo, Marsala, Calatafimi ed Avellino.
Gli otto arrestati, a vario titolo, erano accusati di associazione mafiosa, estorsione aggravata e tentata estorsione aggravata. Il gruppo avrebbe fatto parte di Cosa nostra partecipando attivamente alle fasi deliberative, organizzative ed esecutive di delitti finalizzati al perseguimento dei fini della stessa organizzazione mafiosa. L'operazione fu battezzata «Nerone» per i diversi danneggiamenti, con attentati incendiari, censiti nel corso dell'inchiesta.
Gli imputati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione e danneggiamenti. Nel corso del processo, sono stati ascoltati diversi collaboratori di giustizia, tra i quali Pietro Scavuzzo, Giuseppe Ferro, Emanuele Andronico, Antonio Patti e Mariano Concetto.
Nel Novembre del 2010, nel processo che invece si è tenuto con rito abbreviato, il Gup Lorenzo Jannelli ha stabilito due condanne e altrettante assoluzioni.
Due condanne e altrettante assoluzioni sono state decise dal gup di Palermo Lorenzo Jannelli nel processo con rito abbreviato a quattro delle otto persone coinvolte.
Sedici anni di carcere sono stati inflitti a Vincenzo Funari, di 77 anni, anziano boss di Gibellina, e nove anni a Melchiorre Perrone, di 46, al quale il primo avrebbe affidato il compito di riorganizzare la ''cosca'' del centro belicino. Grazie ad una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche disposte presso l’abitazione di Funari, i carabinieri hanno cominciato ad apprendere dell’attività dell’organizzazione. Funari sebbene fosse ai domiciliari «riceveva» tranquillamente «ospiti»che provenivano anche da Marsala, per mettere a punto le strategie criminali. È grazie alle intercettazioni che i carabinieri hanno potuto scoprire il ruolo di alcuni incensurati come Melchiorre Perrone
Il gup Jannelli ha, invece, assolto (dall'accusa di estorsione) i fratelli Antonino e Vito Vincenzo Rallo, rispettivamente di 58 e 50 anni, esponenti di spicco della famiglia mafiosa di Marsala. Il primo già all'ergastolo per un omicidio commesso nel 1986 (vittima Giuseppe Ferrara), mentre il secondo è stato condannato a 10 anni di carcere dal gup Sergio Ziino nel procedimento scaturito dall'operazione antimafia «Raia».
Le intercettazioni poi consegnano un dato preciso, la «presenza» nel territorio del boss latitante Matteo Messina Denaro. Presenza svelata da un altro degli otto arrestati, Vincenzo Onorio, produttore caseario di Gibellina, che come riferisce il pentito palermitano Emanuele Andronico a lui si è rivolto chiedendo un «favore», ammazzare due persone, dicendo di agire per ordine del capo mafia latitante. Dovevano essere uccisi Pasquale Zummo, “Pasqualone” soprannominato, e Nicolò Fontana, tutti e due spesso lavorano insieme, proprio per questo legame di amicizia chissà perchè dovevano essere eliminati, delitti che per fortuna non vennero compiuti: Onorio ripete il nome di Messina Denaro quando invece vengono ordinate e messe a segno due intimidazioni, attentati incendiari, uno è quello di una villa a Gibellina, e secondo la ricostruzione fornita pare essere l’attentato subito nel 2004 da un consigliere comunale di Gibellina, Pietro Barbiera