dove le coltivazioni biologiche rimangono un sogno nel cassetto, dove l’acquicoltura e la pesca per un verso o per un altro sono al collasso, dove la zootecnia deve soccombere alle regole comunitarie e alla concorrenza settentrionale, dove l’allevamento ovi-caprino è rimasto ancorato alle antiche tradizioni ed il latte è conteso da minuscoli caseifici a conduzione quasi familiare, dove si sogna un turismo “d’elite” che sembrerebbe ricercare i saperi e i sapori del passato della nostra terra. Che cosa ci sarebbe di meglio di un “parco naturale” per preservare le nostre radici, il nostro territorio, il nostro patrimonio naturale, ma anche per consentire uno sviluppo socio-economico compatibile? La nostra vocazione agricola (un tempo fiore all’occhiello delle contrade che si affacciavano sullo Stagnone) con l’istituzione del parco naturale, attraverso la pianificazione locale coordinata dall’ente gestore, nella redazione del piano per il parco e del “piano di sviluppo economico e sociale” avrebbe potuto concretizzarsi sia con l’agricoltura biologica, sia con l’agricoltura tradizionale, sia con l’agricoltura estensiva: l’agricoltura biologica, praticata attraverso la regolamentazione CEE o attraverso i regolamenti regionali di attuazione in materia di produzione e certificazione dei prodotti biologici; l’agricoltura tradizionale volta alla valorizzazione di prodotti tipici di qualità, non sottovalutando l’attenzione per gli eventuali impatti sul territorio, sulla salute umana e sulla presentazione e reclamizzazione del prodotto stesso; l’agricoltura estensiva mirante al maggiore impiego di mano d’opera e alla riduzione della meccanizzazione non sempre compatibile con la conservazione della natura. Queste strategie avrebbero potuto garantire l’accesso ai finanziamenti che l’Ente di gestione del parco, coadiuvato dalla popolazione locale, avrebbe programmato per il conseguimento della politica ambientale delineata. Il comma 1 dell’Art. 7 della legge 394/91, stabilisce, infatti: “Ai comuni ed alle province il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco nazionale, e o a quelli il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco naturale regionale è, nell’ordine, attribuita priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali richiesti per la realizzazione, sul territorio compreso entro i confini del parco stesso, dei seguenti interventi, impianti ed opere previsti nel piano per il parco di cui rispettivamente, agli articoli 12 e 25: restauro dei centri storici ed edifici di particolare valore storico e culturale; recupero dei nuclei abitati rurali; opere igieniche ed idropotabili e di risanamento dell’acqua, dell’aria e del suolo; opere di conservazione e di restauro ambientale del territorio, ivi comprese le attività agricole e forestali; attività culturali nei campi d’interesse del parco; agriturismo; attività sportive compatibili; strutture per la utilizzazione di fonti energetiche a basso impatto ambientale quali il metano e altri gas combustibili nonché interventi volti a favorire l’uso di energie rinnovabili”. I benefici di cui al comma 1 sono estesi ai privati, singoli o associati, che intendano avviare attività produttive o di servizio compatibili con le finalità istitutive del parco. Lo Stato, anche se in ritardo ma pronto a nuova occupazione, ha ritenuto, quindi, di dotare il territorio della provincia di Trapani di un Parco naturale nazionale che avrebbe dovuto comprendere le Isole Egadi e il litorale del trapanese. Un Parco che partendo da Capo Feto, Mazara del Vallo, arrivasse fino a Pizzolungo, così come era stato proposto negli anni 70 dai deputati nazionali che all’epoca parlavano di “zona di tutela biologica”. La Regione Siciliana, però, mal consigliata dai sindaci del trapanese, dopo essersi opposta all’iniziativa statale, messa alle strette, avrebbe voluto portare a quattro i comuni del Parco. Successivamente avrà affossato il progetto dato che non se ne parla più. Tante ipotesi, tante chiacchiere sullo sviluppo dello Stagnone, che dovrebbe essere il fiore all’occhiello del Parco, e sullo sviluppo di questo territorio in crisi sotto tutti i profili, ma senza un’idea precisa e compatibile che possa trovare il consenso di quei cittadini consapevoli e stufi di una classe politica che ha fatto il suo tempo.
Il responsabile CISL
A. Chirco