Nel curriculum di Michele Lombardo figurano il favoreggiamento della latitanza del boss e killer Antonino Rallo, catturato dai carabinieri la notte dell’11 ottobre 2007 in una villetta di contrada Fossarunza e interposizione fittizia di beni mobili. Il valore del sequestro è stato stimato in 200 mila euro ed è avvenuto a cura del Nucleodi polizia tributaria della Guardia di finanza in esecuzione di un provvedimento della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani. I beni erano intestati ai famliari di Lombardo. Il provvedimento di sequestro, si legge in una nota della Guardia di finanza, è stato emesso «all’esito degli accertamenti patrimoniali delegati dalla Procura della Repubblica di Palermo al Nucleo di polizia tributaria di Trapani, che ha accertato l’esistenza di una notevole sproporzione tra i redditidichiarati, sostanzialmente inesistenti, e il patrimonio di cui Lombardo è risultato disporre indirettamente, per il tramite dei propri familiari». Accompagnato dal suo legale, Michele Lombardo si costituì ai carabinieri di Marsala il 14 novembre 2007. Fino al 2007 Lombardo era incensurato. Con l’arresto, però, scattarono anche gli accertamenti patrimoniali.Nell’aprile 2008 a Lombardo (che, nonostante «sostanzialmente privo di redditi », poteva vantare «indiscutibili disponibilità finanziarie») furono sequestrati, preventivamente, l’impresa di trasporti «Si. tras» e altri beni il cui valore fu stimato in 115 mila euro.
E due condanne e due assoluzioni sono state decretate, ieri, dal Tribunale (presidente Sergio Gulotta) a conclusionedel processo scaturito dall’operazione antimafia dei carabinieri della Compagnia di Castelvetrano «Nerone», scattata all’alba del 16 febbraio 2010.
La pena più pesante (9 anni e 4 mesi di carcere) è stata inflitta al 74enne marsalese Giuseppe Barraco, esponente storico della locale cellula di Cosa Nostra, condannato per associazione mafiosa, ma assoltodall’accusa di estorsione. Per l’anziano boss, i giudici hanno, inoltre, disposto anche un anno di libertà vigilata. A 4 anni, invece, per tentata estorsione, è stato condannato Vincenzo Salvatore Onorio, 58 anni, di Gibellina, scagionato però dall’accusa di associazione mafiosa. Sono stati, invece, assolti il mazarese Giovan Battista Agate, 70 anni, fratello del più noto boss Mariano Agate, e Giuseppe Gennaro, 45 anni, dagli inquirenti ritenuto affiliato alla «famiglia» mafiosa di Calatafimi. Il Tribunale ha, inoltre, disposto il ritorno in libertà di Onorio e Gennaro, nonché la revoca degli arresti domiciliari per Agate.
L’accusa contestava, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, estorsione in danno di commercianti e danneggiamenti (attentati incendiari). Il pubblico ministero della Dda di Palermo Pierangelo Padova aveva invocato la condanna di tutti gli imputati a complessivi 73 anni di carcere. La pena più severa (24 anni di carcere) era stata chiesta per Barraco, che è stato difeso dall’avvocato Diego Tranchida,
mentre legali di Onorio sono stati Marcello Montalbano, Gianni Caracci e Nino Caleca. Altri difensori: Francesco Moceri, per
Agate, e Vito Mancuso, per Gennaro.