Proprio a Trapani Tarantolo aveva fino a qualche anno fa le amicizie più strette con i boss Vincenzo Virga prima, poi Ciccio Pace. Fino ad arrivare a Tommaso Coppola e in ultimo il superlatitante Matteo Messina Denaro. Viene scoperto tutto grazie ai pizzini trovati nel covo dei Lo Piccolo. Una vera e propria holding di imprese che operava in tutti i campi. Dall’edilizia pubblica a quella privata. Con lavori in porti, aeroporti, strade. Negli anni le imprese di Tarantolo hanno ottenuto appalti milionari, come quello all’aeroporto di Palermo: oltre due milioni di euro per la recinzione allo scalo di Punta Raisi. O i lavori di rifacimento della banchina del porto di Trapani. Negli ultimi dieci anni le imprese di Tarantolo si sarebbero aggiudicate appalti per una cifra stimata di 50 milioni di euro.
Tarantolo inizia dal basso la sua scalata, negli anni ottanta. Sono gli stessi anni cui ha i primi contatti con uomini di cosa nostra, come Vincenzo Funari, killer al servizio di Matteo Messina Denaro. Piccoli lavori privati, come palazzine e manutenzione delle strade.
Uno dei primi appalti pubblici di prestigio Tarantolo lo prende a Marsala. Ed è quella che passerà alla storia come l’opera incompiuta per eccellenza del territorio: il Monumento ai Mille. Un’opera faraonica, progettata dall’architetto Mongiovì negli anni sessanta. Due poppe che si uniscono in unica prua e una vela alta 47 metri. Nel marzo dell’85 l’impresa di Vito Tarantolo si aggiudica l’appalto per il primo stralcio dell’opera per una cifra di quasi 800 milioni di vecchie lire. L’impresa dopo la posa della prima pietra effettuata in pompa magna da Bettino Craxi, inizia i lavori nel luglio ’86. Deve costruire la base, piantare i piloni e realizzare la “forma” delle navi in cemento armato. I lavori si fermano nel luglio del 1988, con proroghe e ritardi. E l’ingiunzione della capitaneria di porto che dichiara che il monumento è abusivo. Nella relazione finale del primo lotto Mongiovì non manca di criticare il lavoro della ditta, sia per come sono stati svolti sia per il non rispetto del contratto.
In quegli anni Tarantolo inizia l’escalation ed entra in società con Giovanni Gentile. Da lì si stringono i rapporti con i boss locali, fino a costruire un vero e proprio impero affidato a prestanome. Tarantolo che in quegli anni è stato arrestato e poi condannato per favoreggiamento a cosa nostra, ha poi reso dichiarazioni ai magistrati. Ma sono stati gli stessi magistrati ad appurare che l’imprenditore non era uscito dal cerchio dei professionisti legati alle cosche. Lo stesso dirigente della divisione anticrimine di Trapani Giuseppe Linares ha parlato di Tarantolo come il “volto nuovo della mafia borghese, invisibile che si insinua nella stanze dei liberi professionisti e del sistema bancario”. Ha saputo aggirare i cavilli delle certificazioni antimafia con imprese all’apparenza pulite, ma con contratti tra le stesse che non sono sfuggiti agli inquirenti. Come il noleggio di un macchinario, per i lavori all’aeroporto Punta Raisi, della ditta Tarantolo Vito alla Co.ge.ta, nel quale però le due presentavano lo stesso indirizzo come sede legale. Quelli del “Falcone e Borsellino” sono lavori sponsorizzati da Matteo Messina Denaro, lo rivelano i pizzini scoperti nel covo dei Lo Piccolo. Per quei lavori la cosca di San Lorenzo chiese alla Co.ge.ta il pizzo, e fu lo stesso Messina Denaro a intervenire.
Francesco Appari