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21/11/2012 05:08:22

Mafia, revocato il carcere duro per Calabrò. Chiesti in appello sei anni per Mannina

Lo rende noto il suo difensore. Calabrò è implicato nelle stragi di Roma, Milano e Firenze del 93, nel fallito attentato all’Olimpico di Roma, negli omicidi di Antonella Bonomo (la compagna del boss di Alcamo, Vincenzo Milazzo), nel delitto del capitano di lungo corso ed imprenditore Paolo Ficalora; il suo nome compare anche nelle indagini per la strage di Pizzolungo del 1985. Il boss è stato trasferito da Rebibbia a Biella.

La decisione ha provocato la protesta dell'associazione dei parenti delle vittime della strage dei Georgofili. Ecco il testo della dichiarazione della presidente, Giovanna Maggiani Chelli.

Il regime di detenzione di carcere di 41 bis non deve venire mai meno per chi si è macchiato delle stragi del 1993.
Se i mafiosi si ammalano, come tutti noi del resto, vanno curati non premiati, del resto noi prendiamo calci nei denti tutti i giorni sul fronte della giustizia sia amministrativa che penale.
Gioacchino Calabrò non è stato solo colui che, ad ampio spettro, si è occupato della strage di via dei Georgofili il 27 Maggio 1993, è stato colui che ha ordinato a Giuseppe Ferro di mandare il figlio Vincenzo a Prato dallo “zio Messana” affinchè fosse caricato il pulmino FIAT di esplosivo presso il suo garage.
Gioacchino Calabrò ha organizzato a livello operativo ed esecutivo tutta la strage di via dei Georgofili, scientemente ha detto a Giuseppe Ferro che allo zio Messana bisognava fare una proposta che non poteva non accettare, per far si che Caterina, Nadia, Dario, Fabrizio e Angela fossero massacrati all’1,04 dentro e di fronte a quella Torre che è costata lacrime e sangue e a tutti noi.
Ci domandiamo a chi è in mano la giustizia nei Tribunali di Sorveglianza, a quali regole rispondono se non a quella oggi ritenuta l’esigenza suprema di togliere il 41 bis ai capi mafia.
Se la norma vigente sul 41 bis fa acqua da tutte le parti, lo chiediamo per la centesima volta sia cambiata, ma basta con i soprusi e i torti.
Gioacchino Calabrò ha un DNA stragista senza pari: torni a 41 bis.

MANNINA. Il Procuratore della Corte d'Appello di Palermo ha chiesto la condanna a seianni per l'imprenditore trapanese Vincenzo Mannina, cinquanta anni, arrestato nell'ambito dell'operazione "Mafia e Appalti", ed accusato di associazione mafiosa. Sarebbe stato organico a Cosa Nostra. Il procuratore generale ha chiesto, alla IV quarta sezione della Corte d’Appello di Palermo, di condannare l’imputato a sei anni ed otto mesi. La stessa pena che gli era stata inflitta in primo grado. In appello Vincenzo Mannina aveva ottenuto una riduzione di cinque mesi. Il nuovo processo s’è reso necessario dopo l’annullamento, con rinvio, della sentenza da parte della Corte di Cassazione. Mannina, titolare di un impianto per la produzione di calcestruzzi, sarebbe stato uno dei più stretti collaboratori del boss Francesco Pace, subentrato a Vincenzo Virga alla
guida del mandamento di Trapani. A Mannina sarebbe stato affidato il delicato compito d’imporre alle imprese l’approvvigionamento di calcestruzzo presso la Sicilcalcestruzzi di Paceco, società controllata dal boss, e presso il suo impianto. L’imprenditore sarebbe stato inoltre coinvolto nel tentativo della mafia di riprendere il controllo della Calcestruzzi Ericina, società confiscata al boss Vincenzo Virga. Confindustria Trapani e diversi enti locali, la Provincia ed alcuni comuni, si sono costituiti parte civile. Gli avvocati Giuseppe Novara, Antonino Barbiera, Giuseppe Rando, Lilly Santangelo, Giovanna Massimo D’’Azeglio e Giuseppe Giambrone si sono associati ieri alla richiesta di condanna della pubblica accusa. La sentenza è prevista il primo febbraio.